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Certezza del diritto ed esecuzione delle decisioni della Corte interamericana dei diritti dell’uomo: il caso “Gomes Lund e altri. (“Guerrigliero di Araguaia”) vs. Brasile”

RC: 107982
102
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DOI: 10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/legge/esecuzione-delle-decisioni

CONTEÚDO

ARTICOLO ORIGINALE

ABREU, Eduardo João Gabriel Fleck da Silva [1], SANTOS, Marcelo de Oliveira Fausto Figueiredo [2]

ABREU, Eduardo João Gabriel Fleck da Silva. SANTOS, Marcelo de Oliveira Fausto Figueiredo. Certezza del diritto ed esecuzione delle decisioni della Corte interamericana dei diritti dell’uomo: il caso “Gomes Lund e altri. (“Guerrigliero di Araguaia”) vs. Brasile”. Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento. Anno. 07, Ed. 02, Vol. 02, pp. 78-104. Febbraio 2022. ISSN: 2448-0959, Link di accesso: https://www.nucleodoconhecimento.com.br/legge/esecuzione-delle-decisioni, DOI: 10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/legge/esecuzione-delle-decisioni

RIEPILOGO

I valori della sovranità nazionale e l’obbligo di rispettare gli obblighi internazionali sono spesso scioccati. Per illustrare questa situazione, prendiamo il caso “Gomes Lund e altri. (‘Guerrigliero di Araguaia’) vs. Brasile”, giudicato nel 2010, ad esempio, considerando che, oltre a essere ancora in attesa di conformità da parte del paese, ha avuto la sua decisione contraddetta dai tribunali nazionali. In questo panorama, sorge la questione fondamentale sulla possibilità che lo Stato nazionale si stacchi dai suoi obblighi internazionali sotto la pretesa di sovranità, nonché sull’esistenza di criteri che possano guidare la condotta dello Stato e, quindi, fornire una maggiore prevedibilità, in considerazione del requisito costituzionale della certezza del diritto. L’obiettivo è rispondere a questa domanda dalla ricerca dei massimi organi della magistratura nazionale e dalla dottrina specializzata nei campi del diritto costituzionale e dei diritti umani. Lungo questo percorso, miriamo a comprendere la struttura e le particolarità del sistema interamericano, la forza coercitiva delle decisioni della Corte interamericana dei diritti umani e le caratteristiche giuridiche del requisito costituzionale della certezza del diritto nel comportamento dello stato in questa interazione tra diritto interno e internazionale. Ciò può essere concluso sull’applicazione obbligatoria delle decisioni del sistema regionale e sugli effetti deleteri che la loro inosservanza provoca al principio costituzionale della certezza del diritto, nonché sarà possibile cercare modi per cercare di superare questa impasse.

Parole chiave: certezza del diritto; Corte interamericana dei diritti umani; dialoghi giudiziari; caso “Gomes Lund e altri.”; ADPF n. 153/DF.

1. INTRODUZIONE

Lo scopo di questo lavoro è studiare il problema della violazione/adempimento alle decisioni della Corte Interamericana dei Diritti Umani e le sue ripercussioni nel campo della certezza del diritto. Sul sito della Corte Interamericana dei Diritti Umani (IACHR) è infatti presente un elenco di casi in fase di monitoraggio dell’osservanza della sentenza[3], rilevando che, in relazione al Paese, restano ancora nove pendenti casi di conformità alla decisione. In questo scenario si contrappongono i valori della sovranità nazionale e dell’obbligazione assunta a livello internazionale, il che porta ad una situazione di costante imprevedibilità in relazione al comportamento dello Stato-nazione di fronte alle decisioni dell’Inter- Corte americana.

Esempio emblematico di questo è il caso “Gomes Lund e altri. (‘Guerrigliero di Araguaia’) vs. Brasile”, avviato nel 1995, con una petizione di enti non governativi indirizzata alla Commissione interamericana, e giudicato dalla Corte nel novembre 2010. In deveras, la Corte interamericana sottolinea l’esistenza di punti della sua sentenza che non sono stati soddisfatti dal Brasile. La situazione è aggravata prima delle sentenze pronunciate dalla Corte di giustizia federale (STF) e dalla Tribunale Superiore (STJ) di giustizia nella direzione opposta a quella indicata dalla IACHR. Dato questo panorama, emerge il problema di questa ricerca sulla possibilità che lo Stato nazionale si stacchi dai suoi obblighi internazionali sotto la pretesa di sovranità e, in caso contrario, sull’esistenza di linee guida che possano guidare la condotta dello Stato e, quindi, fornire una maggiore prevedibilità, in attenzione al requisito costituzionale della certezza del diritto.

In questo percorso investigativo, è necessario entrare nel tema della formazione del sistema internazionale per la tutela dei diritti umani, anche facendo un confronto tra il sistema regionale europeo e quello americano. A questo punto, sarà la motivazione storica per l’internazionalizzazione dei diritti umani e la creazione di meccanismi di protezione sovrastatali, tenendo conto della rilevanza dei sistemi regionali.

Successivamente, si prende cura specificamente dell’organizzazione e del funzionamento del sistema interamericano dei diritti umani, che comprende il funzionamento della Commissione interamericana per i diritti umani e della Corte interamericana dei diritti umani. In questo stesso argomento, vengono trattate l’associazione del Brasile al sistema regionale e la sua sottomissione alla giurisdizione della Corte.

Successivamente, verrà fatta la presentazione del caso “Gomes Lund e altri. (Guerrigliero di Araguaia) vs. brasile”, la cui sentenza è stata conclusa dalla Corte Interamericana nel 2010. Il resto, visto, è paradigmatico, perché spiega la situazione di conflitto tra la giurisdizione interna e quella del sistema regionale di tutela dei diritti umani. A tal fine, viene verificata la cizânia tra le intese firmate dalla Corte Interamericana e dalla Corte di giustizia federale nella sentenza della Corte di Inosservanza del Precetto Fondamentale n. 153/DF. Quindi, viene verificato l’atteggiamento della Tribunale Superiore nell’esercizio del controllo della convenzionalità. Inoltre, il problema viene affrontato dal punto di vista del rispetto obbligatorio degli impegni internazionali e dell’efficacia delle decisioni della Corte interamericana.

Infine, è rilevante comprendere le ripercussioni di questo movimento dal punto di vista della certezza del diritto, analizzando l’impatto che la controversia genera per la stabilità e la prevedibilità del sistema giuridico e della condotta dello Stato e, di conseguenza, sulla ricerca di un’efficace pacificazione sociale.

2. LA COSTRUZIONE DELLA RETE DI PROTEZIONE DEI DIRITTI UMANI IN AMBITO INTERNAZIONALE

Per l’analisi degli impatti e dell’efficacia delle decisioni emesse dalla Corte interamericana dei diritti umani (IACHR) sul sistema giuridico brasiliano, è essenziale che si cerchi prima la corretta comprensione del sistema di protezione internazionale dell’individuo in un paradigma postmoderno. In effetti, una prima concezione del diritto internazionale si concentrava esclusivamente sulle relazioni interstatali, in modo che solo gli Stati fossero soggetti nel campo delle relazioni internazionali. Tuttavia, l’evoluzione del sistema di protezione dei diritti umani ha portato, come ha sottolineato Accioly; Silva e Casella (2008), un paradigma postmoderno in cui gli individui hanno anche iniziato a occupare la posizione di soggetti del diritto internazionale[4].

Questa evoluzione del sistema di protezione internazionale dei diritti umani ha nella seconda guerra mondiale (1939-1945) la sua pietra miliare storica più incisiva.In effetti, le crudeltà e le barbarie che hanno guidato le azioni del regime nazista nello stato tedesco durante il periodo bellico hanno causato grandi sconvolgimenti nella comunità internazionale, essendo ancora più spaventose perché si tratta di pratiche istituzionalizzate[5]. È diventato pressante, quindi, ricostruire il diritto internazionale sotto il valore universale della dignità della persona umana, in modo che l’individuo arrivasse ad occupare una posizione centrale, diventando un vero soggetto del diritto internazionale. Era imperativo che la comunità internazionale si organizzasse per impedire che tale terrore si ripetesse.

La costruzione di questo sistema internazionale dei diritti umani ha mirato a proteggere gli individui – in particolare dagli abusi perpetrati dal proprio Stato di origine – sulla base della propria condizione umana, in modo assolutamente incondizionato e libero da umori sociali, circostanze politiche, contingenze economiche. ogni altra circostanza che possa turbare un certo ordinamento giuridico. Con questo, cerchiamo di consentire loro di sviluppare il loro potenziale, cioè le loro vocazioni, talenti, attributi, qualità intrinseche, ecc. Così, è possibile naturalmente intendere l’inserimento dell’individuo stesso come soggetto di diritto internazionale, anche in posizione di rilievo.

In questo processo globale di internazionalizzazione dei diritti umani, è necessario riconoscere che, date le particolarità sociali, economiche, culturali e geografiche, i sistemi regionali hanno acquisito un ruolo di primo piano nella difesa e nella protezione dei diritti umani. Come sottolinea Piovesan (2011), il sistema europeo dei diritti umani può essere considerato il più consolidato e maturato dei sistemi regionali, essendo fondato sui concetti di tutela dei diritti umani, della democrazia e dello stato di diritto e mirando alla riaffermazione dei valori fondanti ed essenziali dell’identità europea. La sua costruzione è il risultato del lavoro di integrazione degli Stati europei nel tentativo di evitare che si ripetano gravi violazioni dei diritti umani. A differenza di altri sistemi regionali, il sistema europeo è caratterizzato dalla copertura di una regione relativamente omogenea per quanto riguarda il rispetto del regime democratico e dei dettami dello Stato di diritto. Inoltre, il sistema europeo ha delle sue caratteristiche che lo identificano: i) maggiore impegno e cooperazione degli Stati nella difesa e tutela dei diritti umani; (ii) le controversie sono segnate dal tema dei diritti civili e politici, ispirati a un ideale liberale individualistico; iii) concedere un ampio accesso alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) a individui, individui, gruppi di individui e ONG; e iv) un forte impatto delle decisioni dei tribunali europei in relazione agli Stati (PIOVESAN, 2011).

Il sistema europeo contrasta con le caratteristiche del sistema interamericano, che di fatto non ha la stessa rete di cooperazione tra gli Stati, e non vi è un alto grado di rispetto dei diritti umani al loro interno. Di conseguenza, Piovesan (2011) sottolinea che il sistema interamericano presenta debolezze e carenze a causa del minore impegno degli Stati per i diritti umani. Come risultato di questo minor grado di impegno, i casi che raggiungono la Corte interamericana finiscono con gravi violazioni dei diritti civili. Inoltre, vale la pena ricordare che l’accesso alla Corte Interamericana è più limitato, secondo l’articolo 61.1 della Convenzione americana dei diritti dell’uomo (OEA, 2009), così come le sue decisioni, sebbene sempre più rilevanti a causa della crescente credibilità dell’organismo, sono ancora lontane dall’impatto di quelle date dal suo congenere europeo.

Per quanto riguarda il sistema interamericano, è importante approfondire lo studio delle sue caratteristiche e del suo funzionamento, nonché l’analisi della situazione del Brasile in relazione al sistema regionale, al fine di comprendere la configurazione giuridica della protezione degli individui in questa sfera. Questo è quello che sta succedendo.

3. IL SISTEMA INTERAMERICANO DEI DIRITTI UMANI E L’ORGANIZZAZIONE DELLO STATO BRASILIANO AL SISTEMA REGIONALE

Poco dopo la fine della seconda guerra mondiale, nell’aprile del 1948, la Dichiarazione americana dei diritti e dei doveri dell’uomo fu redatta nel quadro dell’Organizzazione degli Stati americani (OSA), notando anche che si preveniva alla Dichiarazione universale dei diritti umani all’interno delle Nazioni Unite. Successivamente, il Patto di San José in Costa Rica del 22 novembre 1969, che ha superato la Convenzione americana sui diritti umani (OEA, 1969), che è diventato il documento centrale del sistema regionale americano per la protezione dei diritti umani (PIOVESAN, 2011).

La Convenzione americana (OEA, 1969) è entrata in vigore a livello internazionale il 18 luglio 1978 e ha un ampio elenco di diritti umani volti, direttamente o indirettamente, alla protezione della dignità umana. Siamo i cosiddetti, a titolo oneroso, diretti alla vita (art. 4), integrità (art. 5), libertà (art. 7), garanzie giudiziarie (art. 8), legalità (art. 9), onore e dignità (art. 11), nome (art. 18), nazionalità (art. 20), proprietà privata (art. 21), diritti politici (art. 23), tra gli altri.

Inoltre, tale legislazione internazionale impone anche agli Stati Parti l’obbligo di rispettare i diritti riconosciuti dalla Convenzione (art. 1), nonché di adottare “misure legislative o di altro tipo necessarie per rendere effettivi tali diritti e libertà” (art. 2). Vale anche la pena menzionare l’istituzione della Commissione interamericana per i diritti umani e della Corte interamericana dei diritti umani come organi competenti, nel quadro del sistema di protezione regionale, al fine di conoscere i casi riguardanti il violazione/adempimento degli impegni assunti dagli Stati parti (articolo 33), contenuti anche nel diploma internazionale, la disciplina dell’organizzazione, il funzionamento, competenze e procedure di tali organi (artt. 34 e seguenti).

Detto questo, vale la pena ricordare che, nel 1992, il Brasile ha ratificato la Convenzione americana sui diritti umani, dopo averla promulgata e pubblicata internamente attraverso il decreto n. 678 del 6 novembre 1992 (BRASIL, 1992). Successivamente, nel 1998, il Brasile, attraverso il decreto legislativo n. 89 del 30 dicembre 1998 (BRASIL, 1998) e il decreto n. 4.463 dell’8 novembre 2002 (BRASIL, 2002), ha dichiarato l’accettazione della competenza della Corte interamericana dei diritti umani, ai sensi dell’articolo 62 del Patto di San José in Costa Rica (OEA, 1969), dagli eventi accaduti dopo il 10 dicembre 1998[6].

Attenzione, tuttavia, che il cittadino non ha accesso diretto alla Corte interamericana. Come stabilito nell’articolo 61.1 della Convenzione americana, “Solo gli Stati parti e la Commissione hanno il diritto di sottoporre un caso alla decisione della Corte” (OEA, 1969). Inoltre, era previsto che la Corte potesse agire solo dopo l’esaurimento dei procedimenti previsti dalla Commissione interamericana, previsti dagli artt. 48-50 della Convenzione. Pertanto, l’individuo in una situazione di violazione dei diritti umani viene aperta la strada del sistema di protezione interamericano contro lo Stato che viola e il suo postulato dovrebbe essere trasmesso alla Commissione interamericana, come previsto dall’articolo 44 del Patto di San José de Costa Rica. Va anche notato che la Convenzione ammette anche il postulato da parte di un gruppo legalmente riconosciuto di persone o di entità non governative (OEA, 1969).

Va notato che, secondo la Convenzione (OEA, 1969), affinché la petizione sia conosciuta dalla Commissione, è essenziale che l’individuo abbia esaurito le risorse all’interno della giurisdizione interna dello Stato Parte[7], e devono essere rispettati anche gli altri requisiti procedurali, formali e temporali (art. 46 della Convenzione americana). Dopo un primo esame, la commissione può dichiarare la domanda irricevibile quando non soddisfa i requisiti di ammissibilità (articolo 47). D’altra parte, una volta ricevuta la petizione, l’articolo 48 della Convenzione americana prevede che la Commissione richieda informazioni al governo dello Stato Parte nominato come violatore dei diritti previsti dal trattato e quindi esegua una precedente sentenza superficiale per valutare se le ragioni della petizione rimangono. Da ciò, può determinare il deposito della domanda se non vi è motivo di procedere con essa (art. 48.1.b); dichiararne l’inammissibilità (art. 48.1.c); oppure, se la Commissione trova motivi, sarà sottoposta all’esame della questione, compresa un’indagine, che dovrebbe contare sulla cooperazione degli Stati interessati (articolo 48, paragrafo 1, lettera d).

Va sottolineato che la Convenzione (OEA, 1969) stimola la ricerca di soluzioni consensuali; tuttavia, se non si riesce a trovare una soluzione accettabile, spetta alla Commissione pubblicare una relazione sui fatti e sulle loro conclusioni (art. 50). Tale relazione sarà trasmessa agli Stati interessati che avranno tre mesi di tempo per risolvere la questione (art. 51). Entro tale termine, sia la Commissione che lo Stato parte interessato possono portare il caso all’attenzione della Corte interamericana.

Va ribadito che la presentazione di cause alla Corte interamericana è un potere concesso solo allo Stato parte o alla Commissione (art. 61). Resta tuttavia da riconoscere il diritto delle vittime di continuare ad agire nel corso del procedimento dinanzi alla Corte, in modo che possano presentare le proprie argomentazioni e prove anche in questa fase procedurale, come previsto dall’articolo 25 del Regolamento della Corte interamericana dei diritti umani (CIDH, 2009). Spetterà poi alla Corte pronunciarsi sulla presunta violazione e, in caso affermativo, determinare l’adozione di misure atte a garantire il godimento del diritto o della libertà impediti dallo Stato, nonché a risarcire le conseguenze derivanti dalla violazione, anche versando un risarcimento alla vittima, come stabilito dall’articolo 63 della Convenzione (OEA, 1969).

È importante sottolineare che la decisione della Corte non consiste in una mera ammonizione o raccomandazione, ma in un carattere obbligatorio e vincolante, e deve essere immediatamente rispettata. Anche nel caso di una condanna per il pagamento di un risarcimento, l’articolo 68.2 della Convenzione (OEA, 1969) prevede che la sentenza debba essere eseguita nell’ambito interno dello Stato Parte condannato, secondo la sua legislazione nazionale. Come sottolinea Flávia Piovesan: “la decisione della Corte ha forza giuridica vincolante e vincolante e lo Stato è responsabile della sua immediata esecuzione”, cosicché “Se la Corte stabilisce un risarcimento per la vittima, la decisione sarà valida come titolo esecutivo, in conformità con le procedure interne relative all’esecuzione di una sentenza sfavorevole allo Stato” (PIOVESAN, 2008, pag. 259-260).

Deve quindi essere che aderendo alla Convenzione americana dei diritti dell’uomo e, secondo le proprie procedure, avendola incorporata nel diritto interno, nonché dopo e dichiarando il riconoscimento della competenza obbligatoria della Corte interamericana dei diritti umani, sottoponendosi alla sua giurisdizione, il Brasile, nell’esercizio della sua sovranità, si è imposto un obbligo internazionale. Il Paese si è impegnato, quindi, ad osservare lo standard minimo di tutela dei diritti previsto dalla Convenzione, ad ammettere l’azione effettiva degli organi che compongono il sistema regionale, nonché a rispettare le decisioni e le sanzioni[8].

4. I PROBLEMI CHE CIRCONDANO L’EFFICACIA DELLE DECISIONI DELLA CORTE INTERAMERICANA DEI DIRITTI UMANI: IL CASO “GOMES LUND E ALTRI. (GUERRIGLIERO DI ARAGUAIA) VS. BRASILE” E CONFLITTO CON IL DIRITTO INTERNO (LEGGE DI AMNISTIA – LEGGE N. 6.683/1979)

4.1 PRESENTAZIONE DEL CASO E SENTENZA DELLA CORTE INTERAMERICANA DEI DIRITTI UMANI

Nonostante la configurazione normativa del sistema interamericano di protezione dei diritti umani, compresa la sua incorporazione nel diritto interno brasiliano, le questioni relative al violazione/adempimento delle decisioni della Corte discutono ripetutamente la reale efficacia di questo sistema di protezione dell’individuo. Infatti, l’articolo 68 della Convenzione americana è perentorio nel prevedere l’impegno degli Stati parti a conformarsi alle decisioni della Corte (OEA, 1969). L’articolo 65 dello stesso decreto normativo prevede, a sua volta, che la Corte vigili sul rispetto delle sue decisioni e indichi, in un rapporto inviato all’Assemblea generale dell’Organizzazione degli Stati americani (OSA), i casi che non sono rispettati dagli Stati che violano, comprese le raccomandazioni pertinenti.È anche chiaro che, sul sito web della Corte interamericana dei diritti umani, è possibile consultare i “casi in procinto di supervisionare l’adempimento del giudizio”[9].

Tra gli eccezionali arestos de cumprimento c’è il caso “Gomes Lund y otros (Guerrigliero di Araguaia) vs. Brasile”, con numerose misure di conformità in sospeso da parte del Brasile, per le quali verrà fornita un’analisi speciale. Il caso “Gomes Lund” è stato presentato alla Commissione interamericana con una petizione presentata nel 1995 dal Centro per la giustizia e il diritto internazionale (CEJIL) e Human Rights Watch/Americas, entrambe entità non governative. Come indicato nel rapporto, la domanda ha come oggetto:

responsabilidade [do Estado] pela detenção arbitrária, tortura e desaparecimento forçado de 70 pessoas, entre membros do Partido Comunista do Brasil (…) e camponeses da região, (…) resultado de operações do Exército brasileiro empreendidas entre 1972 e 1975 com o objetivo de erradicar a Guerrilha do Araguaia, no contexto da ditadura militar do Brasil (1964-1985) (CIDH, 2010).

In questo scenario, l’assenza di procedimenti penali per la punizione dei responsabili e la mancanza di efficacia negli strumenti interni per ottenere informazioni sulla scomparsa delle vittime, soprattutto in considerazione della validità della legge federale n. 6.683/1979 (nota come “legge di amnistia”), sono state domande sottoposte alle agenzie interamericane per la protezione dei diritti umani.

Infatti, la legge federale n. 6.683/1979 ha analizzato i cosiddetti crimini politici e correlati commessi durante il regime dittatoriale nel periodo dal 2 settembre 1961 al 15 agosto 1979 (BRASIL, 1979), contro la responsabilità dei responsabili delle gravi violazioni determinate nel caso “Guerrigliero di Araguaia”. A proposito, vale la pena notare che l’effetto dell’amnistia è previsto dall’articolo 107 del codice penale (BRASIL, 1940) come causa di estinzione della punibilità. Si tratta di casi in cui lo Stato, “per ragioni di clemenza, politica, sociale, ecc., dimentica un fatto criminale, cancellando i suoi effetti criminali (principali e secondari)” (CUNHA, 2021, p. 411). Non si ignora realmente che la gravità dei fatti praticati nel regime dittatoriale genera una sostanziale resistenza alla legittimità della legge di amnistia, sia per quanto riguarda il senso di impunità dei responsabili delle violazioni dei diritti umani, sia per gli ostacoli al diritto alla verità dei fatti che lo Stato sceglie di “cancellare” e non promuovere la responsabilità.

Da un lato, lo scopo della legge di amnistia era proprio quello di portare un certo grado di pacificazione sociale in un contesto travagliato di transizione dal regime dittatoriale a quello democratico, come una sorta di “accordo politico” in modo che la transizione allo stato di diritto democratico potesse realizzarsi. D’altra parte, secondo la Corte Interamericana, gli inciampi della condotta di amnistia erano atti molto gravi, addirittura considerati crimini contro l’umanità[10], a causa delle gravi e sistematiche violazioni perpetrate sui diritti umani. Quindi, la critica che viene fatta è che, non indagando su tali violazioni, ci sarebbe una perpetuazione dell’impunità e del sentimento di ingiustizia, portando a un movimento opposto a quello della pacificazione originariamente intesa attraverso l’amnistia.

Infatti, la ricerca della verità e la responsabilità dei fatti che violano i diritti umani praticati al tempo della dittatura militare fanno parte della cosiddetta “giustizia di transizione”. La transizione da un regime autoritario a quello democratico richiede che la memoria dei fatti sia preservata, con lo scopo di un serio impegno legale, politico e sociale per impegnarsi seriamente affinché questi eventi dei diritti umani non si ripetano mai più. L’idea di sicurezza per garantire che gli individui siano finalmente al sicuro da tali abusi e arbitrarietà del regime precedente permea necessariamente l’effettiva riparazione delle vittime e la responsabilità dei colpevoli[11]. Di conseguenza, la Corte interamericana ha affermato la comprensione che l’amnistia concessa ai diritti umani viola e impedisce la giustizia di transizione è in violazione della Convenzione americana[12].

Nel caso brasiliano della “Guerrigliero di Araguaia” (Gomes Lund), la sentenza emessa dalla Corte Interamericana il 24 novembre 2010, ha dichiarato l’incompatibilità della Legge di Amnistia con la Convenzione americana, stabilendo che la suddetta legge non dovrebbe più impedire il perseguimento del procedimento penale per la responsabilità dei colpevoli per i gravi reati denunciati. Ha anche dichiarato la responsabilità dello Stato brasiliano per la sparizione forzata di persone, che rappresentava “violazione dei diritti al riconoscimento della personalità giuridica, della vita, dell’integrità personale e della libertà personale” (CIDH, 2010). La Corte ha anche affermato che il Brasile “non ha rispettato l’obbligo di adeguare il suo diritto interno alla Convenzione americana dei diritti dell’uomo, (…) come conseguenza dell’interpretazione e dell’applicazione che è stata data alla legge di amnesty in merito a gravi violazioni dei diritti umani” (CIDH, 2010)[13].

Il Brasile, poi, è stato condannato ad adempiere a numerosi obblighi, tra cui: riparare i feriti; promuovere indagini, processi efficaci e, se del caso, punire i responsabili; così come fare sforzi per determinare dove si trovano le vittime. La Corte ha inoltre stabilito che dovrebbero essere adottate garanzie di non ripetizione degli eventi accaduti, come l’insegnamento dei diritti umani all’interno delle Forze Armate, la tipizzazione del reato di sparizione forzata, l’ampio accesso e sistematizzazione dei documenti ufficiali, nonché la creazione di una Commissione per la verità.

4.2 CONTRASTO CON LA DECISIONE DEL CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE NELL’AMBITO DELL’INOSSERVANZA DEL PRECETTO FONDAMENTALE N. 153/DF

Si verifica, tuttavia, che mesi prima della pronuncia della sentenza da parte della Corte Interamericana, la Corte di giustizia federale, nella sentenza della Corte di Inosservanza del Precetto Fondamentale n. 153/DF (BRASIL, STF, 2010), ha basato posizione opposta, cioè ha dichiarato la validità della Legge di Amnistia nell’ordinamento giuridico brasiliano. L’argomento centrale era quello di adottare una posizione di deferenza alle circostanze storiche in cui è stata redatta la legge di amnistia, nell’atto di formattare un patto conciliante che consentisse la transizione dal regime autoritario al regime democratico. È stata anche sottolineata la natura bilaterale dell’amnistia, cioè il fatto che ha indistintamente beneficiato le persone da qualsiasi pregiudizio ideologico (sia gli agenti repressivi del regime militare che gli oppositori di questo regime). E, su questo patto firmato in quel contesto storico, la Magistratura non potrebbe analizzare dal punto di vista dell’attuale contesto sociale e politico, il cui locus di discussione sarebbe il Legislatore.

È importante sottolineare che la bilateralità dell’amnistia consisteva nel ragionamento portato dal ministro Celso de Mello per rimuovere l’affermazione che l’amnistia in questo modo si sarebbe inserita in numerosi precedenti della Corte interamericana dei diritti dell’uomo che ha riconosciuto, in tali casi, configurato la violazione della Convenzione americana dei diritti dell’uomo. Il ministro ha sostenuto che non sarebbe una legge di “auto-amnistia”, vale la pena dire: la legge in questione non avrebbe l’intenzione di istituzionalizzare l’impunità degli agenti del regime militare, ma piuttosto di promuovere un accordo conciliante per un passaggio agevole alla democrazia in quella che ha definito l’amnistia “a due mani” o “a doppio senso”.

In un esercizio di riflessione sulle possibili variabili, sarebbe opportuno chiedersi se la soluzione della Corte di giustizia federale sarebbe la stessa se la decisione della Corte Interamericana fosse stata emessa prima. In ogni caso, è stato oggettivamente che la sentenza dell’ADPF n. 153/DF è in conflitto con la successiva sentenza dinanzi alla Corte interamericana dei diritti umani. Pertanto, diventa rilevante mettere in discussione le reali implicazioni delle decisioni della Corte interamericana nell’ordinamento giuridico brasiliano e se, di fatto, sia possibile intravedere l’efficacia.

4.3 IL PROBLEMA DELL’EFFICACIA DELLA DECISIONE DELLA CORTE INTERAMERICANA E LA POSIZIONE DELLA TRIBUNALE SUPERIORE: LA SOVRANLEGITÀ DELLA CONVENZIONE AMERICANA E L’ASSENZA DI CONTROLLO DELLA CONVENZIONALITÀ

Va notato che il Tribunale Superiore è stato sollecitato ad analizzare la validità della legge di amnistia dal punto di vista del controllo della convenzionalità. In effetti, è chiaro che in Brasile si è consolidata l’intesa che la Convenzione americana dei diritti dell’uomo è stata incorporata nel diritto interno con lo status di norma sovralegalità, cioè con una gerarchia inferiore alla Costituzione, ma superiore alla legislazione ordinaria. Il Corte di giustizia federale  ha affrontato la controversia nella sentenza di Appello straordinario n. 466.343/SP, sentenza del 12/03/2008 (BRASIL, STF, 2008), basando la comprensione della sovralegalità dei trattati internazionali sui diritti umani che non sono incorporati nell’articolo 5, § 3, della Costituzione della Repubblica (BRASIL, 1988), incluso nell’emendamento costituzionale n. 45/2004 (BRASIL, 2004). In realtà, la posizione era già stata adottata nell’Habeas Corpus n. 90.172/SP, giudicato il 06/05/2007 (BRASIL, STF, 2007), a metà tra l’inizio e la fine della sentenza del suddetto Appello straordinario. Pertanto, dalla comprensione della Corte di giustizia federale, ci sono due tipi di trattati sui diritti umani: i) i trattati incorporati con l’osservanza della procedura speciale e del quorum previsti dall’articolo 5, § 3, della Costituzione, che godranno di gerarchia costituzionale; e ii) i trattati non incorporati dal rito di cui all’articolo 5, § 3, della Legge Maggiore, che avranno statura sovralegale, ma infracostituzionale (BRASIL, STF, 2007).

Nonostante la tesi che sostiene la ricezione di trattati precedenti alla riforma dell’emendamento costituzionale n. 45/2004 con gerarchia costituzionale, l’intesa ha prevalso nel senso che solo i trattati che sarebbero stati approvati dopo l’emendamento e con il rito speciale e il quorum avrebbero avuto statura costituzionale. Pertanto, è stato riconosciuto dalla Corte di giustizia federale che la Convenzione americana sui diritti umani, introdotta nel paese nel 1992, avrebbe avuto una gerarchia sovralegalità, in modo che i suoi termini prevalessero sulla legislazione infracostituzionale. Come conseguenza di questa comprensione, è stata aperta la via del controllo convenzionale delle leggi, evidenziando che l’articolo 105, III, “a” della Costituzione della Repubblica attribuiva alla Tribunale Superiore un ruolo di primo piano, nella misura in cui la Corte è responsabile della sentenza speciale d’appello nei casi in cui la sentenza impugnata contraddice il trattato internazionale (BRASIL, 1988).

Si ritiene giustamente che la STJ abbia la responsabilità, quando l’appello speciale deve essere pettinato, di lodare la validità di una legge ordinaria (nel caso della legge sull’amnistia) con la regola della gerarchia superiore (Convenzione americana). Accade che, negli ultimi processi, la Tribunale Superiore abbia evitato di emettere il giudizio convenzionale della legge di amnistia, sulla base del fatto che spetta alla Corte di giustizia federale verificare i contorni di conformità con la decisione emessa dalla Corte interamericana dei diritti umani nel caso “Guerrigliero di Araguaia”. Inoltre, nel fare affidamento sulla necessità di armonizzare la sottomissione alla giurisdizione della Corte interamericana all’ordinamento giuridico nazionale, a favore della sovranità nazionale, ritiene che tale posizione non rifletta la resistenza all’esercizio della convenzionalità o della recalcitranza della sentenza nel conformarsi alla decisione della Corte interamericana (BRASIL, STJ, 2021 e 2019)[14].

Va notato che la motivazione della Tribunale Superiore invoca il termine fluido della necessità di armonizzare la presentazione della giurisdizione internazionale con l’ordine interno, nonché la conservazione della sovranità nazionale. È chiaro che esiste un conflitto tra la giurisdizione interna e quella internazionale, tuttavia la Tribunale Superiore non apporta alcun parametro oggettivo e chiaro per tale armonizzazione, sostenendo che tale compito è riservato alla Corte di giustizia federale. Pertanto, la situazione di tensione tra giurisdizione interna e internazionale è mantenuta e persiste l’instabilità derivante dall’inosservanza della sentenza della Corte interamericana.

4.4 L’OBBLIGO DI RISPETTARE GLI ACCORDI CONCLUSI A LIVELLO INTERNAZIONALE E LA FORZA COERCITIVA DELLE DECISIONI DELLA CORTE INTERAMERICANA DEI DIRITTI UMANI

Si può vedere che l’ordinamento giuridico conferisce criteri per la soluzione di tale conflitto. In primo luogo, va sottolineato che il Brasile ha interiorizzato la Convenzione americana e riconosciuto la giurisdizione della Corte interamericana, che, logicamente, implica l’obbligo di rispettare le sue decisioni. In secondo luogo, è chiaro che, una volta individuato il conflitto tra la norma giuridica interna e quella del trattato sui diritti umani, il controllo della convenzionalità impone la prevalenza delle disposizioni di quest’ultimo, data la sua gerarchia sovralegale[15]. In terzo luogo, l’articolo 27 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23/05/1969, promulgata dal decreto n. 7.030/2009 (BRASIL, 2009), è perentorio nel senso che “una parte non può invocare le disposizioni del proprio diritto interno per giustificare la mancata attuazione di un trattato”. Tuttavia, la Tribunale Superiore ha evitato di approfondire il dibattito sull’argomento e di promuovere il controllo della convenzionalità, in attesa della posizione definitiva della Corte di giustizia federale su un tema così sensibile alla stabilità politica e sociale, soprattutto di fronte all’attesa sentenza di dichiarazione di embargo nell’ADPF n. 153/DF, nonché l’elaborazione di ADPF n. 320/DF, dello stesso oggetto.

Sebbene vi sia ancora un significativo grado di tensione tra il diritto interno e il diritto internazionale a causa dell’attuale incapacità dello Stato brasiliano di rispettare la decisione della Corte interamericana, sembra fuori luogo affermare che, data l’assenza di potere di ingranaggio per la conformità, il sistema interamericano di protezione dei diritti umani sarebbe inefficace e soggetto solo al volontariato dello Stato Parte coinvolto. Questo perché, anche nei casi in cui persistono problemi di conformità, le sentenze della Corte interamericana producono un effetto importante di contrappunto, basandosi, all’interno di un’azione di legittimazione procedurale argomentativa, postula davanti alla magistratura e ai rami legislativi al fine di ottenere il rispetto di queste decisioni internamente[16].

In questo senso, va rifondato che l’ADPF n. 153/DF è in attesa di sentenza di dichiarazione embarghi, con richiesta di effetti di violazione, un’opportunità in cui la Corte di giustizia federale può rivedere l’analisi della materia, iniziando ad avere l’onere di affrontare i motivi della decisione della Corte Interamericana e cercare la soluzione che soddisfi i dettami della sentenza internazionale (la questione, è anche oggetto dell’ADPF n. 320/DF[17]).

In ogni caso, è innegabile che esista uno scenario conflittuale lungi dall’essere pacificato, con effetti diretti sulla certezza del diritto, quando si prevede un certo grado di tensione riguardo all’aggiornamento delle decisioni dei tribunali interamericani da parte dell’ordinamento giuridico interno, soprattutto alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia federale e della Tribunale Superiore sopra analizzata in relazione alla Legge di Amnistia.

È imperativo, pertanto, che il rispetto delle decisioni della Corte interamericana e il rispetto dei trattati internazionali siano analizzati anche dal punto di vista della certezza del diritto, come verrà esaminato nel seguente argomento. E’ chiaro che il dibattito sulla certezza del diritto contribuisce a riconoscere l’urgente necessità che lo Stato brasiliano si conformi alle decisioni della Corte interamericana e esegua il giudizio effettivo della convenzionalità.

5. CERTEZZA DEL DIRITTO E RISPETTO DELLE DECISIONI DELLA CORTE INTERAMERICANA DEI DIRITTI UMANI: LA NECESSITÀ DI PREVEDIBILITÀ DEL COMPORTAMENTO DELLO STATO

La nozione di certezza del diritto comporta in sé una pluralità di aspetti. Sebbene sia possibile analizzare questo istituto giuridico da numerose prospettive, è l’esame della certezza del diritto come norma di valore e principio strutturale dello Stato democratico del diritto, nonché i suoi significati oggettivi e soggettivi, il suo rapporto con la dignità della persona umana e, infine, la sua importanza per l’operabilità del sistema interamericano di protezione dei diritti umani.

La certezza del diritto è un principio costituzionale che trasmette i termini di stabilità e prevedibilità del sistema giuridico. È una norma di alto contenuto assiologico e semantico, motivo per cui Carvalho (2003) e Ávila (2021) sottolineano che si tratta di un vero sovraprincipio, il cui contenuto normativo finisce per influenzare l’interpretazione e l’applicazione di altri principi e regole[18]. Tuttavia, sebbene non sia un principio espresso nel corpo della Costituzione, è efficace “dall’esecuzione di principi, come la legalità, l’anteriorità, l’uguaglianza, l’irretroattività, l’universalità della giurisdizione e altri” (CARVALHO, 2003).

Vale la pena ricordare che una visione tradizionale della certezza del diritto indica l’esistenza di due elementi strutturanti, quali: prevedibilità (che alcuni preferiscono trattare come certezza) e stabilità (ÁVILA, 2019). La nozione di prevedibilità (o certezza) è legata alla possibilità di conoscere le disposizioni normative e di poter prevedere le conseguenze stabilite per una determinata condotta. A sua volta, la stabilità mira a evitare sorprese, in modo tale da cercare di impedire che i fatti consolidati nel passato siano raggiunti da regole o intese che sono successivamente in atto.

La certezza del diritto, in questo scenario, nasce con un onere assiologico strutturante dello stesso Stato democratico di diritto, perché, in questo senso, la stabilità e la prevedibilità giuridico-istituzionale sono concepite come valori voluti dagli individui che desiderano esercitare il proprio potenziale umano sulla scia di una società libera e giusta, nonché rilevanti per rafforzare il sistema di tutela dei diritti fondamentali[19]. È chiaro che la dignità della persona umana rivelata dal principio di libertà può essere esercitata pienamente solo se gli individui hanno fiducia nell’ordinamento giuridico, sia nel senso della certezza del diritto e della sua applicazione, della garanzia delle loro posizioni giuridiche e della tutela della loro sfera individuale, sia della prevedibilità delle conseguenze giuridiche della pratica di determinati atti e della stabilità delle istituzioni statali.

Come sottolinea Ávila (2019), la certezza del diritto come principio-standard è caratterizzata da un comando allo Stato, in tutti i suoi rami (legislativo, esecutivo e giudiziario), di cercare di fornire affidabilità, calcolo e conoscibilità dell’ordinamento giuridico. Sottolinea inoltre che la dignità della persona umana è intrinsecamente legata al valore della certezza del diritto. In questo senso, Sarlet (2005) sottolinea che non si parla di dignità in un contesto di tale instabilità giuridica che non garantisce all’individuo un minimo di tranquillità e sicurezza o addirittura che non consente la fiducia nelle istituzioni sociali e statali[20].

Così, i contorni assiologici della certezza del diritto sono delineati, è possibile immaginare la sua configurazione nella Costituzione come un principio-standard, chiudendo i comandi ai soggetti in modo che possano realizzarlo nella loro massima misura secondo determinate condizioni tecniche e giuridiche. Inoltre, la certezza del diritto può essere esaminata anche nei suoi aspetti oggettivi e soggettivi. Secondo Clève (2005), per quanto riguarda l’aspetto oggettivo, tale principio riguarda la prevedibilità e la certezza del diritto e, in relazione all’aspetto soggettivo, riguarda la tutela della fiducia dei cittadini[21].

Avendo portato questi contorni di certezza del diritto, è necessario confermare che, nel contesto costituzionale brasiliano, alla magistratura è stato affidato il compito di proteggere i diritti fondamentali contro i progressi illegittimi dei rami legislativo ed esecutivo, nonché le minacce e le violazioni perpetrate da individui. La magistratura ha poi assunto il compito di agire come l’ultima trincea del cittadino, avendo la missione di salvaguardare i diritti fondamentali. Per le sue caratteristiche, la Magistratura agisce come un terzo inerte ed equidistante che viene portato alle parti in conflitto, e spetta ad essa sostituire i contendenti nella soluzione della controversia, nonché applicare la norma giuridica al caso specifico, decidendo con il marchio della definitività e, quindi, pacificando le relazioni sociali.

Tuttavia, l’analisi dei giudici della Corte di giustizia federale e della Tribunale Superiore nel caso della validità della legge di amnistia ha rivelato la mancanza di preoccupazione per l’interlocuzione tra l’ordine interno e la Convenzione americana, creando una situazione di insicurezza per quanto riguarda l’effettiva applicazione degli standard internazionali nel paese, mettendo a rischio la fiducia nel paese sia in relazione all’adempimento dei suoi obblighi internazionali (pacta sunt servanda), nonché il loro impegno a favore della tutela dei diritti umani[22]. È previsto, una certa vulneração di certezza del diritto in assenza di dialogo con la decisione della Corte interamericana nel caso della “Guerrigliero di Araguaia” così come il controllo elusivo della convenzionalità della legislazione interna di fronte al Patto di San José in Costa Rica (OEA, 1969) in questo numero[23].

A questo punto, è importante sottolineare che dopo un intenso dibattito dottrinale sulla ragione dell’obbligo delle norme internazionali, è possibile conciliare le correnti del volontarismo e dell’oggettivismo per la corretta comprensione del fondamento del diritto internazionale pubblico. Nel caso di specie, è necessario riconoscere che il Patto di San José in Costa Rica (OEA, 1969) e la giurisdizione della Corte interamericana sono vincolanti, vincolanti e cogenti sia a causa del libero accordo dello Stato brasiliano di aderire al trattato e riconoscere la giurisdizione dell’organismo interamericano, sia a causa dell’importanza stessa dei valori e dei beni legali protetti di importanza centrale nelle relazioni internazionali[24].

Tuttavia, non è troppo da ricostruire che lo Stato brasiliano ha aderito volontariamente alla Convenzione americana sui diritti umani, al fine di conferire un livello minimo di protezione regionale agli individui, riconoscendo anche la giurisdizione della Corte interamericana dei diritti umani. Sebbene, infatti, non esista alcun potere di coercizione esterna che induca l’adempimento forzato degli obblighi internazionali dello Stato brasiliano, si cede che la resistenza a rispettare efficacemente la determinazione della Corte Interamericana genera un certo grado di tensione e instabilità nell’ordine interno stesso che va contro la pacificazione sociale ricercata dal principio della sicurezza giuridica in questione tanto sensibile quanto la responsabilità e la ricerca della verità per i crimini contro l’umanità. perpetrato durante la dittatura militare.

Inoltre, in un contesto di pluralismo giuridico, i sistemi giuridici iniziano ad avere un’interazione reciproca basata sul coordinamento funzionale. Pertanto, cerca di promuovere approssimazioni e compatibilizzazione (QUEIROZ, 2009), senza che ogni sistema perda le sue “individualità”, rimanendo così distinto, sebbene parzialmente indipendente e sovrapposto (SANTOS, 2019). In questo contesto, è necessario che il pluralismo giuridico richieda un impegno critico, affinché i vari tribunali, anche se non sono vincolati da un rapporto gerarchico, tengano almeno conto delle diverse comprensioni ed esperienze degli altri organismi appartenenti ai vari livelli (internazionale, regionale, comunitario o anche di altre nazioni), soprattutto quando si tratta dell’interpretazione dei diritti fondamentali (SARMENTO, 2016).

In questo rapporto tra diritto interno e diritto internazionale, Acosta Alvarado (2016) sottolinea l’anacronismo del conflitto delle teorie monoliste e dualiste della risoluzione dei conflitti tra norme nazionali e internazionali. Con la proliferazione delle fonti normative internazionali, diventa sempre più complicato affermare l’esistenza di un unico e articolato sistema giuridico, in cui norme interne e internazionali costituirebbero compartimenti stagni e senza alcun tipo di interazione o intersezione. Dalla fine di questo antagonismo tra le teorie dei veti, emerge la nozione di pluralismo costituzionale, in cui il diritto interno e il diritto esterno sono visti come sistemi giuridici diversi, ma che condividono diversi punti di intersezione e intrattengono un rapporto di eterarchia (cioè: assenza di gerarchia, mancanza di subordinazione). Per avere questo “accoppiamento” di ordini interni e internazionali, è necessario stabilire principi che lo disciplinano e tengano conto degli obiettivi di ciascun ordine (ACOSTA ALVARADO, 2016).

Avendo queste premesse, sostiene Acosta Alvarado che gli standard internazionali hanno un’applicazione diretta e la loro interpretazione e applicazione deve avvenire sistematicamente, nel rispetto del principio di sussidiarietà, del giusto processo e dei diritti umani. L’applicazione del diritto, sia nazionale che internazionale, dovrebbe mirare alla protezione di valori fondamentali, come i diritti umani, in modo che le decisioni su queste questioni debbano sempre essere basate sulla “massima e migliore protezione possibile di questi valori comuni” (ACOSTA ALVARADO, 2016, p. 33). In questo rapporto tra ordinamento giuridico interno e internazionale, spetta all’interprete prestare attenzione alla loro necessaria interazione, armonizzando i comandi normativi e cercando di dare concretezza alle finalità condivise. Significa, quindi, che nulla osta a che un determinato atto normativo sia compatibile con la Costituzione nazionale, ma è in contrasto con le norme internazionali per la tutela dei diritti umani, che devono anche essere intese come una questione pregiudiziale.

Dal momento in cui lo Stato brasiliano aderisce a un insieme di valori e si impegna a proteggerli, viene stabilita la legittima aspettativa che il suo comportamento sarà basato su questo impegno. C’è un giusto requisito, anche di colore costituzionale, di prevedibilità dell’azione dello stato quando viene messa in discussione la difesa di questi valori incorporati. Pertanto, il principio della certezza del diritto non può essere trascurato nell’analisi del tema, specialmente dalle Corti superiori delle patrie, che, come si è visto, sono esortate a pronunciarsi sul celeuma e le cui decisioni guidano i corpi inferiori.

Gli imperativi di stabilità e, in particolare, di prevedibilità impongono agli Stati Parti – e ai tribunali nazionali, in quanto organi legati estrinsecamente all’ordinamento giuridico – di osservare le decisioni internazionali, armonizzando l’interpretazione e l’applicazione della legislazione nazionale con gli standard internazionali e rispettando le determinazioni dei tribunali internazionali responsabili dell’interpretazione e dell’applicazione di tali norme. Senza questo necessario collegamento, non sarà mai possibile prevedere come sarà il comportamento dello stato davanti alle decisioni dei tribunali internazionali a cui il paese si è volontariamente collegato.

6. CONSIDERAZIONI FINALI

Dallo scoppio del conflitto tra la giurisdizione esercitata dalla Corte interamericana e l’intesa esternalizzata dalla giurisdizione nazionale, notificata dalla Corte di giustizia federale e dalla Tribunale Superiore, che porta al riconoscimento da parte del Sistema Regionale del rispetto della decisione, si pone il problema della possibilità che lo Stato nazionale si stacchi dai suoi obblighi internazionali in virtù della rivendicazione di sovranità e, nel caso negativo, sull’esistenza di orientamenti che possano orientare il comportamento dello Stato e, quindi, fornire una maggiore prevedibilità, in considerazione del requisito costituzionale della certezza del diritto.

In dovere, l’evoluzione della comprensione dei diritti umani negli anni successivi alla seconda guerra mondiale ha portato all’istituzione di sistemi internazionali e regionali di loro protezione, il cui scopo è quello di prevenire la barbarie che si è verificata in passato può verificarsi di nuovo. Si tratta di proteggere i beni giuridici universali e transnazionali e direttamente o indirettamente collegati alla nozione di dignità della persona umana. Accade che, di fronte alle peculiarità locali, i sistemi regionali abbiano guadagnato importanza.

In particolare nel continente americano, la Convenzione americana sui diritti umani è arrivata come documento centrale del sistema regionale. Incorporato nel sistema giuridico brasiliano nel 1992, il paese è stato volontariamente obbligato a rispettarlo, adattando la sua legislazione e le sue politiche istituzionali ai precetti ivi stabiliti. Successivamente, in un nuovo atto di sovranità, il Brasile ha riconosciuto, nel 1998, la giurisdizione della Corte interamericana per giudicare i casi di violazione dei diritti previsti dalla Convenzione, impegnandosi a osservare e rispettare le sue decisioni.

Infatti, anche se le decisioni della Corte Interamericana non sono in tutti i casi pronte e spontaneamente pienamente rispettate, è certo che le sue manifestazioni hanno ripercussioni sociali, politiche e giuridiche, basando movimenti e postulati che traducono la vera forza di coesione, mirando a costringere lo Stato Parte a rispettare i suoi obblighi internazionali e ad adeguare il suo ordine e le sue istituzioni.

In questo senso, si osserva che il conflitto tra giurisdizioni, con decisioni interne che differiscono dalla posizione della Corte interamericana, contribuisce a uno stato di instabilità e imprevedibilità, a scapito dell’eccessivo principio di certezza del diritto e, quindi, contrariamente alla necessità di pacificazione sociale in un tema che, indubbiamente, è così sensibile alla società, nodo quando percepito come uno degli elementi di giustizia di transizione dal regime militare alla democrazia. Proprio a causa dell’assenza di pacificazione, le corti superiori sono state nuovamente esortate a pronunciarsi sull’argomento.

Di conseguenza, è urgente che le nuove decisioni della giurisdizione interna affrontano il problema dal punto di vista del rispetto obbligatorio delle decisioni della Corte interamericana, della prevalenza delle norme di protezione dei diritti umani e dell’impossibilità di violare un impegno internazionale basato su norme interne. In altre parole, allo Stato brasiliano non è dato, con il pretesto dell’esercizio della sovranità, di non rispettare le decisioni della Corte interamericana e di non rispettare le norme protettive dei diritti umani, poiché queste norme internazionali vincolano lo Stato tanto quanto quelle pertinenti al sistema giuridico interno.

Solo attraverso questo necessario dialogo giudiziario e il rispetto delle norme internazionali sui diritti umani, in questo contesto di pluralismo giuridico e di interazione e armonizzazione tra diritto interno e diritto internazionale, sarà possibile portare prevedibilità non solo al caso esaminato, ma anche a quelli futuri che si presentano. È necessario che l’autorità nazionale dia applicazione diretta agli standard internazionali, assicurando che si realizzino i valori fondamentali comuni tra l’ordine interno e internazionale, nonché di riconoscere e rispettare le decisioni della Corte interamericana, a cui ha aderito e riconosciuto. Senza questo, queste decisioni della giurisdizione interna, ignorando il dialogo con la Corte interamericana, non risolveranno efficacemente i celeuma e non daranno la risposta attesa e appropriata, mantenendo la crisi tra i sistemi giudiziari.

RIFERIMENTI

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APPENDICE – NOTA A PIÈ DI PAGINA DI RIFERIMENTO

3. L’elenco dei casi nella fase di supervisione dell’esecuzione della sentenza è disponibile sul sito web della Corte interamericana dei diritti umani. Disponibile in: https://www.corteidh.or.cr/casos_en_supervision_por_pais.cfm. Accesso il 01 dicembre. 2021.

4. In questo senso, Hildebrando Accioly, Nascimento e Silva e Paulo Borba Casella sottolineano che: “Esistono due approcci nella determinazione dei soggetti del diritto internazionale: quello classico, che nella sua concezione originaria attribuiva la nozione di soggetto del diritto internazionale solo agli Stati; e l’individualista, realistico o postmoderno, per il quale il destinatario del diritto internazionale, come del resto, di tutti i rami del diritto, non può che essere l’individuo. (…) La caratterizzazione della condizione di soggetto del diritto internazionale ha avuto una notevole evoluzione negli ultimi decenni. Il punto centrale di questa evoluzione è la condizione dell’individuo a livello internazionale” (ACCIOLY, SILVA e CASELLA, 2008, pp. 229-230).

5. L’analisi precisa di Marmelstein si trova: “Confisca di proprietà, sterilizzazione, tortura, esperimenti medici con esseri umani, pena di morte, deportazione, esilio: tutto questo è stato praticato regolarmente da membri del Terzo Reich, sotto il comando di Hitler, come se fosse qualcosa di perfettamente normale. Questa pratica meccanicistica di atti di crudeltà senza alcun dubbio sulla sua intrinseca malvagità rappresenta ciò che la filosofa Hannah Arendt chiamava la “banalità del male”. C’era, in questo caso, un intero apparato statale, funzionante in modo burocratico, strutturato per commettere le più grandi atrocità per conto dello Stato. E la cosa peggiore è che, in un certo senso, tutto questo è stato protetto dal regime legale in vigore in Germania (…)” (MARMELSTEIN, 2016, p. 5).

6. L’elenco delle scansioni di ratifica della Convenzione americana è accessibile sul sito web dell’OSA. Disponibile in: https://www.cidh.oas.org/basicos/portugues/d.Convencao_Americana_Ratif. htm. Accesso: 30 nov. 2021.

7. Fanno eccezione la necessità di esaurimento degli organi interni, nonché il termine di prescrizione di 06 (sei) mesi: i) assenza di una normativa nazionale che garantisca un giusto processo legale per la tutela dei diritti; ii) accesso negativo alla giurisdizione interna; e iii) ingiustificato ritardo nel dare una soluzione definitiva alla questione (art. 46.2), come determinato dalla Convenzione (OEA, 1969)

8. Paulo Henrique Gonçalves Portela analizza la questione della relatività della sovranità statale in questo scenario: “Oggi, la sovranità statale rimane uno dei pilastri dell’ordine internazionale. Tuttavia, è limitato dall’obbligo degli Stati di garantire alle persone che sono sotto la loro giurisdizione il godimento di un catalogo di diritti sanciti dai trattati. La sovranità è anche limitata dal dovere dello Stato di accettare la supervisione degli organismi internazionali competenti per quanto riguarda la conformità della sua esecuzione con gli atti internazionali di cui fa parte. Se la sovranità statale mantenesse il suo carattere assoluto, gli standard internazionali non potrebbero essere applicati internamente e non avrebbero mezzi esterni efficaci per monitorare l’applicazione, poiché si abbatterebbero nel vecchio argomento dell'”intervento negli affari interni”. Tuttavia, con il diritto internazionale dei diritti umani, l’intervento negli affari interni diventa possibile quando vi è una violazione di una regola che protegge la dignità della persona umana. In ogni caso, ciò non significa che la sovranità nazionale non abbia mancato di imporre ostacoli all’applicazione dei trattati sui diritti umani. A questo proposito, ricordiamo che gli atti internazionali sono ancora incorporati nell’ordine interno degli Stati in conformità con la regola che stabiliscono, e che la maggior parte degli organismi internazionali può esaminare solo contro entità statali che accettano la loro giurisdizione per farlo, come nel caso della Corte interamericana dei diritti umani” (PORTELA, 2019, pp. 981-982)

9. L’elenco dei casi nella fase di supervisione dell’esecuzione della sentenza è disponibile sul sito web della Corte interamericana dei diritti umani. Disponibile in: https://www.corteidh.or.cr/casos_en_supervision_por_pais.cfm. Accesso il 01 dicembre. 2021.

10. In questo senso, estratto dal voto del giudice ad hoc Roberto de Figueiredo Caldas quando classifica i fatti come crimini contro l’umanità: “22. L’ex presidente della Corte, A. Le. Cançado Trindade, nel suo voto separato nel caso Almonacid, ha ricordato che la configurazione dei crimini contro l’umanità è una manifestazione più della coscienza giuridica universale, della sua pronta reazione ai crimini che colpiscono l’umanità nel suo complesso. Egli ha sottolineato che, nel corso del tempo, le norme che sono venute a definire i “crimini contro l’umanità” sono originariamente emanate dal diritto internazionale consuetudinario e si sono sviluppate, concettualmente, in seguito, nel quadro del diritto internazionale umanitario e, più recentemente, nel campo dello jus cogens, del diritto imperativo (sentenza Almonacid, cit., punto 28). 23. I crimini di sparizione forzata, esecuzione sommaria extragiudiziale e torture sistematicamente perpetrate dallo stato per sopprimere la Guerrigliero di Araguaia sono esempi finiti di crimine di lesioni all’umanità. In quanto tali meritano un trattamento differenziato, cioè il loro giudizio non può essere ostacolato dal corso del tempo, come la prescrizione, o da disposizioni normative di amnistia” (CIDH, 2010).

11. Dovrebbe essere degno di nota il pensiero di Edite Mesquita Hupsel, che sottolinea che: “La giustizia di transizione, o giustizia di transizione – che sono misure prese dopo la fine dei regimi autoritari per affrontare le violazioni dei diritti umani commesse in passato – cerca di portare alla ri-diagnosi degli eventi che si sono verificati, con la presentazione di tutta la loro verità; chiede riparazione per le vittime; chiede la punizione dei suoi autori e, infine, la riforma delle istituzioni, per escludere il ripetersi di violazioni dei diritti umani” (HUPSEL, 2015, p. 124).

Vale anche la pena portare le considerazioni e Flavia Piovesan e Marília Papaléo Gagliardi sul tema: “La giustizia di transizione, in questo contesto, non è altro che il variegato insieme di misure adottate nei periodi di transizione, tra regimi autoritari e repressivi per regimi democratici di diritto. Tali azioni, che hanno lo scopo di combattere l’eredità della violenza e le altre conseguenze lasciate durante il precedente governo, consistono nell’adozione di una serie di meccanismi e approcci (giudiziari o meno) in modo che sia possibile non solo ritenere responsabili gli autori di tali crimini, ma anche garantire il diritto alla memoria e alla verità, garantire un regime democratico. Riconoscendo le vittime come cittadini ed esseri umani dotati di dignità intrinseca e indisponibile, è impossibile non condannare gli abusi inflitti in quel momento. La giustizia di transizione, quando considera questi aspetti, segna la via da seguire per garantire che tutti siano al sicuro nel proprio paese – protetti da abusi e violazioni commesse dalle proprie autorità, e ha assicurato il risarcimento delle violazioni” (PIOVESAN e GAGLIARDI, 2017, p. 16).

12. Come sottolineano Renan Honório Quinalha, Lucia Elena Bastos e Inês Virgínia Soares: “La Corte interamericana ha adottato la posizione che il diritto internazionale e la pratica interna degli Stati, in determinati momenti, consentono, e anche in alcuni casi richiedono, l’applicazione di amnistie. Tuttavia, queste amnistie devono essere analizzate in modo diverso da quelle relative alle violazioni dei diritti umani e ai crimini contro l’umanità. Sulla questione delle amnistie, una recente presa di posizione del Comitato Internazionale della Croce Rossa sulle Convenzioni di Ginevra ha confermato che le amnistie menzionate nel Protocollo Addizionale n. II del 1977 sono state fatte applicare solo a coloro che hanno partecipato alle ostilità, e non a coloro che hanno violato il diritto internazionale. Così, aggiornando le sue posizioni in materia, ciò che la Corte interamericana ha proposto di esaminare nel caso è stato se l’applicazione dell’amnistia costituisse una violazione dei diritti sanciti dalla Convenzione americana dei diritti dell’uomo, e a tal fine, la Corte interamericana ha diviso la sua valutazione come segue: (i) in primo luogo, ha classificato l’omicidio di Almonacid Arellano come un crimine contro l’umanità; (ii) in secondo luogo, ha riflettuto sul fatto che lo stesso crimine non poteva essere oggetto di amnistia; e (iii) terzo, ha definito che lo Stato aveva violato la Convenzione americana sui diritti dell’uomo mantenendo in vigore tale legge di amnistia. Con questa giurisprudenza firmata, ci sono stati molti altri tentativi che hanno seguito la stessa linea dal caso La Cantuta vs. Perù, una sentenza pubblicata nel 2006 fino al caso Araguaia nel 2009” (QUINALHA, BASTOS e SOARES, 2014, p. 120).

13. Sebbene il rispetto del sistema regionale da parte del paese sia avvenuto solo dopo i fatti giudicati, che hanno motivato la pretesa di incompetenza della Corte, è stato deciso che: “Al contrario, nella sua costante giurisprudenza, questa Corte ha stabilito che gli atti di carattere continuo o permanente durano per tutto il tempo in cui il fatto continua a mantenere il suo difetto di conformità con l’obbligo internazionale” (CIDH, 2010).

14. In questo senso, vale la pena menzionare il menu della seguente sentenza del Tribunale Superiore:

“PROCEDIMENTI PENALI E PENALI. LESIONI REGGIMENTALI NEL DANNO IN APPELLO SPECIALE. 1. CRIMINI COMMESSI DURANTE LA DITTATURA MILITARE. TEMA GIÀ ANALIZZATO DALL’STJ. RESP 1.798.903/RJ. 2. RECLAMO RESPINTO. OFFESA ALL’ART. 1°, CAPUT E § 1, DELLA LEGGE 6.683/1979 E DI FRONTE ALL’ART. 10, § 3, DELLA LEGGE 9.982/1999. NESSUN EVENTO. DISPOSITIVI EFFICACEMENTE OSSERVATI. 3. VIOLAZIONE DELLE ARTI. 1.1, 2 e 68 DEL PATTO DI SAN GIUSEPPE DI COSTA RICA. NESSUN CONTROLLO. DECISIONI DELLA CORTE INTERAMERICANA DEI DIRITTI UMANI. NECESSITÀ DI ARMONIZZAZIONE CON LA GIURISPRUDENZA INTERNA. SOVRANITÀ NAZIONALE. 4. ALTRE ACCUSE NON CORRELATE DI OFFESA AL DISPOSITIVO LEGALE. RIAFFERMAZIONE DELLE CONCLUSIONI DEL RESP 1.798.903/RJ. 5. AGGRAVAMENTO REGGIMENTALE A CUI È NEGATO IL PROVIMENTO. 1. Il tema portato in questo speciale appello, riferendosi alle gravi violazioni dei diritti umani avvenute durante il periodo della dittatura militare, è già stato analizzato dalla Terza Sezione della Tribunale Superiore, il 25/09/2019, nel processo dell’Appello Speciale n. 1.798.903/RJ, che si è occupato del cosiddetto ‘Attacco Riocentro’. 2. Nel caso di specie, il ricorrente segnala l’infrazione all’articolo 1, caput e § 1, della legge n. 6.683/1979 e all’articolo 10, § 3, della legge n. 9.882/1999. Tuttavia, le decisioni degli organi ordinari non hanno reso vulnerabili tali disposizioni giuridiche, ma piuttosto hanno dato loro un’applicabilità effettiva e corretta, poiché la denuncia è stata respinta sulla base della legge n. 6.683/1979, che è stata considerata costituzionale dalla STF, nella sentenza dell’ADPF 153 / DF, di fatto contro ogni effetto vincolante, ai sensi della legge n. 9.882/1999. 3. Spetta alla STF verificare gli effetti della decisione emessa il 24/11/2010 dalla Corte interamericana dei diritti umani in Gomes Lund e altri. (“Guerrigliero di Araguaia”) vs. Brasile, oltre che nella causa Herzog e a. vs. Brasile, giudicata il 15/03/2018, con conseguente armonizzazione della giurisprudenza relativa alla Legge Di Amnistia, che è anche oggetto dell’ADPF n. 320/DF, con la conseguente armonizzazione della giurisprudenza sulla Legge di Amnistia, che è anche oggetto di ADPF n. 320/DF, con la conseguente armonizzazione della giurisprudenza sulla Legge di Amnistia, che è anche oggetto dell’ADPF n. 320/DF, con la conseguente armonizzazione della giurisprudenza sulla Legge di Amnistia, che è anche oggetto di ADPF n. 320/DF, con la conseguente armonizzazione della giurisprudenza sulla Legge di Amnistia, che è anche oggetto dell’ADPF n. 320/DF, con la conseguente armonizzazione della giurisprudenza sulla Legge Di Amnistia, che è anche oggetto di ADPF n. 320/DF, df, con la conseguente armonizzazione della giurisprudenza sulla Legge di Amnistia, che è anche oggetto dell’ADPF n. 320/ del relatore dell’eminente Luiz Fux. Questa conclusione non mostra resistenza al rispetto delle decisioni emesse dalla Corte interamericana dei diritti umani, o riluttanza ad esercitare il controllo della convenzionalità, perché la sottomissione alla giurisdizione della Corte interamericana dei diritti umani non rinuncia a una corretta armonizzazione con l’ordine nazionale, pena la compromissione della sovranità nazionale stessa. In questo contesto, non si parla nemmeno di offesa agli articoli 1.1, 2 e 68 della Convenzione americana dei diritti dell’uomo (Patto di San Giuseppe del Costa Rica). 4. Sebbene le altre accuse mosse dal ricorrente non fossero legate al reato di qualche disposizione di legge, il che renderebbe impossibile analizzare in appello speciale, avanzano in materia, in onore della rilevanza del tema, solo per riaffermare le conclusioni firmate dalla Tribunale Superiore, nella sentenza di Appello Speciale n. 1.798.903/RJ. 5. Rimostranza reggimentale a cui la disposizione è respinta.” (STJ, Quinta Classe, AgRg presso AREsp n. 1.648.236/SP, rel. Ministro Reynaldo Soares da Fonseca, Giudicato il 01/06/2021, DJe 08/06/2021).

Nello stesso senso, si può vedere la sentenza emessa dalla Terza Sezione della STJ in Appello Speciale n. 1.798.903/RJ, rel. Min. Reynaldo Soares da Fonseca, provato il 25/09/2019, pubblicato in DJe 30/10/2019.

15. In questo senso, Edite Mesquita Hupsel ritiene che “Internalizzata la Convenzione interamericana dei diritti dell’uomo nel 1992, da allora in poi, non sarebbe più accettata la produzione di effetti della legge di amnistia del 1979, un diploma che, oltre ad essere incompatibile con l’ordinamento giuridico nazionale e internazionale già in vigore, è di flagrante incompatibilità con quella Convenzione (…)È importante che quando ci sono conflitti tra norme esterne e interne riguardanti i diritti fondamentali, come nel caso in esame, prevarranno quelle che sono più favorevoli al soggetto. In questo senso Fábio Konder Comparato afferma che: (…)Anche le discussioni sui criteri che possono essere utilizzati per risolvere i conflitti tra norma internazionale e norma del diritto interno — cronologico, specialistico o principio di pacta sunt servanda — non sono più interessanti, nella misura in cui una decisione di un tribunale internazionale, alla quale lo Stato brasiliano si è sottoposto alla giurisdizione, prevarrà” (HUPSEL, 2015, p. 135).

16. Flávia Cristina Piovesan e Marília Papaléo Gagliardi ben riassumono la questione: “Si conclude, quindi, che le decisioni emesse dalla Corte interamericana dei diritti umani hanno un effetto reale in tutti i paesi membri che si sono impegnati nella loro giurisdizione, indipendentemente dal fatto che gli Stati siano stati condannati o meno dalla Corte. È anche evidente che, anche nei casi in cui la sentenza non è stata pienamente eseguita nel paese, come nei casi brasiliano e cileno, la sua semplice esistenza genera un contrappunto nei modi giudiziari e legislativi degli Stati. In particolare nel caso brasiliano, che ha dimostrato la maggiore inerzia riguardo all’annullamento degli effetti dell’amnistia, è stata evidenziata l’importanza della sentenza internazionale. Questo perché la sentenza di aggiudicazione continua a fornire risorse e misure legali nel tempo, mirando sempre alla conformità. È anche interessante notare che le misure relative alla riparazione, quando vanno oltre la sfera materiale, non possono sempre essere misurate, ed è difficile considerare se ci fosse, in effetti, la loro piena conformità. Tuttavia, non è sufficientemente chiaro se la sua attuazione sia dovuta all’imputazione giudiziaria o al risultato della politica interna dello Stato. Questo, tuttavia, non toglie credito alla forza delle decisioni internazionali, che a volte hanno fondato e convalidato le politiche adottate. Si sottolinea, infine, che è stato possibile verificare, nei casi esaminati, che le decisioni della Corte IACHR hanno effettiva applicabilità ed efficacia, anche se non dispone di mezzi coercitivi per garantire tale conformità. È quindi evidente l’importanza e la necessità di un tribunale internazionale regionale per la tutela dei diritti umani, poiché è, di fatto, in grado di provocare non solo l’avanzamento dei procedimenti per garantire i diritti, ma anche di generare vere riforme giudiziarie nei paesi membri” (PIOVESAN e GAGLIARDI, 2017, p. 28).

17. Nello stesso senso, Edite Mesquita Hupsel sottolinea che la sentenza della Corte interamericana ha aperto strade per la responsabilità dei violatori dei diritti umani durante il regime militare, in attesa di una rilettura della Corte di giustizia federale sull’argomento. Ha inoltre evidenziato le prestazioni della Procura federale nel conformarsi alla decisione emessa dalla Corte interamericana, con le proprie vie di ricorsione (HUPSEL, 2015). Inês Virgínia Prado Soares, Lucia Elena Arantes Ferreira Bastos e Renan Honório Quinalha, in un’interessante analisi, evidenziano la posizione del MPF prima della decisione della Corte interamericana, concludendo che: “Ma rimane la necessità dell’applicazione della giustizia e della responsabilità penale degli agenti che hanno commesso i crimini della dittatura. Questa è la determinazione valida contenuta nella decisione del tribunale nel caso Araguaia. La validità della legge di amnistia è un’altra possibile intesa, dal momento che è stata proclamata dalla Corte di giustizia federale. Tra i due Tribunali, tra i tanti organi incaricati di occuparsi di questo imbroglio giuridico, c’è la Procura federale, un attore con esclusiva legittimità a proporre le opportune azioni criminali. Pertanto, nel sistema giuridico brasiliano, il diritto alla giustizia, da un punto di vista penale, dipende dall’iniziativa della Procura della Repubblica e, in materia di giustizia di transizione, del MPF, che è il titolare di procedimenti penali contro agenti del governo autoritario che sono stati coinvolti in violazioni dei diritti umani. Pertanto, le disposizioni 3 e 9 della decisione della Corte sono direttamente collegate all’attribuzione dell’MPF, l’organo esclusivo ai fini del pubblico ministero (art. 129, inc. I, della Costituzione). E la necessità per il MPF di rispettare i punti della condanna che determina la responsabilità penale dei colpevoli, portando i responsabili al processo, non si limita alla mera questione della tecnica legale (istituti e termini procedurali). L’iniziativa di fare i conti con il passato violento della dittatura è legata alla definizione stessa costituzionale della Procura come istituzione permanente, essenziale per la funzione giudiziaria dello Stato, con il compito di difendere l’ordinamento giuridico, il regime democratico e gli interessi sociali (art. 127 CF). A questo proposito, esiste uno stretto legame tra il MPF, senza altra scelta che perseguire gli agenti che hanno commesso crimini comuni contro i prigionieri politici” (QUINALHA, BASTOS e SOARES, 2014, p. 132).

18. Secondo Ávila, “i super-principi si situano a livello delle norme che sono oggetto di applicazione. Agiscono sugli altri, ma nel contesto semantico e assiologico e non nel metodico, come con i postulati. Questo spiega la differenza tra sovranorm (norme semantiche e assiologicamente sovrastanti, situate a livello dell’oggetto di applicazione) e metanorm (standard metodicamente sovrastanti, situati al metalevel dell’applicazione)” (ÁVILA, 2021, 167).

19. In questo senso, possiamo vedere le considerazioni di Marmelstein: “la nozione di diritti fondamentali come norme giuridiche che limitano il potere dello stato sorge proprio come reazione allo stato assoluto, rappresentando l’opposto del pensiero machiavellico e hobbesiano. I diritti fondamentali presuppongono uno Stato giuridicamente limitato (Stato di diritto/separazione dei poteri) e hanno preoccupazioni etiche relative al bene comune (legge fondamentale/democrazia). Pertanto, un passo verso il riconoscimento istituzionale dei diritti fondamentali è stato l’emergere dello Stato di diritto democratico. (…) Lo scopo etico dello Stato, da allora, non è più la mera soddisfazione degli interessi di uno o pochi individui, ma la ricerca del bene comune, come sosteneva Jean-Jacques Rousseau, nel suo Contratto Sociale (1757/1762). È il governo del popolo, dal popolo e per il popolo, secondo le parole immortalate da Abraham Lincoln, pronunciate nel famoso discorso di Gettysburg nel 1863. Questo modello è quello che è stato chiamato uno stato di diritto democratico, che, nonostante tutti i difetti, è il modello politico adottato dalla maggior parte dei paesi più avanzati ed è l’unico quadro istituzionale che consente un cambiamento sociale senza violenza. Pertanto, è un modello da seguire” (MARMELSTEIN, 2016, pp. 35-38).

20. Come sottolinea l’autore: “la dignità non sarà sufficientemente rispettata e protetta ovunque le persone siano colpite da un tale livello di instabilità legale da non essere più in grado, con un minimo di sicurezza e tranquillità, di fidarsi delle istituzioni sociali e statali (compresa la legge) e di una certa stabilità delle proprie posizioni giuridiche” (SARLET, 2005, p. 121).

21. In questo senso, vengono date le lezioni di Clèmerson Merlin Clève: “La dimensione oggettiva della certezza del diritto implica considerare, in particolare, la certezza e la prevedibilità, senza trascurare, tuttavia, che essa opera riflettendo in modo inestensibile lo spirito soggettivo dei cittadini, attraverso l’idea di tutela della fiducia, inizialmente sviluppata nella dottrina e nella giurisprudenza tedesca. Esiste, quindi, tra gli effetti della protezione della sicurezza in ambito oggettivo e soggettivo, un rapporto brevettuale di complementarità, senza il quale non vi è motivo di mantenere tale dissociazione” (CLÈVE, 2005, pp. 194-195).

22. Vale la pena menzionare il seguente estratto della frase: “177. Nel caso di specie, la Corte osserva che il controllo della convenzionalità non è stato esercitato dai giudici dello Stato e che, al contrario, la decisione della Corte di giustizia federale ha confermato la validità dell’interpretazione della legge di amnistia, senza tener conto degli obblighi internazionali del Brasile derivanti dal diritto internazionale, in particolare quelli previsti dagli articoli 8 e 25 della Convenzione americana, articoli 1.1 e 2 dello stesso strumento. La Corte ritiene opportuno ricordare che l’obbligo di rispettare gli obblighi internazionali contratti volontariamente corrisponde a un principio fondamentale del diritto sulla responsabilità internazionale degli Stati, sostenuto dalla giurisprudenza internazionale e nazionale, secondo il quale essi devono rispettare in buona fede i loro obblighi internazionali convenzionali (pacta sunt servanda). Come questa Corte ha già rilevato e, come previsto dall’articolo 27 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969, gli Stati non possono, per ragioni interne, adempiere agli obblighi internazionali. Gli obblighi convenzionali degli Stati parti vincolano tutti i loro poteri e organismi, che devono garantire il rispetto delle disposizioni convenzionali e dei propri effetti (effet utile) nel livello del loro diritto interno” (CIDH, 2010).

23. Sul tema del dialogo tra i tribunali e tra l’ordine interno e internazionale, Marcelo de Oliveira Fausto Figueiredo Santos sottolinea che: “analizzando la giurisprudenza della Corte di giustizia federale in Brasile, in particolare per quanto riguarda il diritto internazionale dei diritti umani, abbiamo trovato, almeno fino alla questione dell’emendamento costituzionale n. 45/2004, abbiamo verificato la persistenza della preferenza di quella Corte le norme interne rispetto a quelle di natura internazionale” (SANTOS, 2019, p. 121).

24. Paulo Henrique Gonçalves Portela, dopo aver esposto le critiche alle correnti del volontarismo e dell’oggettivismo, sottolinea che, da esse, a: “formulazione di una teoria, elaborata da Dionisio Anzilotti, che basa il diritto internazionale sulla regola pacta sunt servanda. Per questo autore, il diritto internazionale è obbligatorio perché contiene norme importanti per lo sviluppo della società internazionale, ma che dipendono ancora dalla volontà dello Stato di esistere. Inoltre, una volta che gli Stati esprimono il loro consenso a rispettare determinati standard internazionali, devono farlo in buona fede” (PORTELA, 2019, p. 42).

[1] Master in diritto costituzionale presso PUC-SP, laureato in giurisprudenza presso PUC-SP. ORCID: 0000-0003-2796-3053.

[2] Consulente accademico.

Inviato: Febbraio, 2022.

Approvato: Febbraio 2022.

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Eduardo João Gabriel Fleck da Silva Abreu

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