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Modello per l’analisi delle controversie internazionali

RC: 124793
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DOI: 10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/geografia-it/controversie-internazionali

CONTEÚDO

ARTIGO ORIGINAL

CORRÊA, Márcio Lopes [1]

CORRÊA, Márcio Lopes. Modello per l’analisi delle controversie internazionali. Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento. Anno 05, ed. 12, vol. 16, pagg. 05-37. Dicembre 2020. ISSN: 2448-0959, Link di accesso: https://www.nucleodoconhecimento.com.br/geografia-it/controversie-internazionali, DOI: 10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/geografia-it/controversie-internazionali

RIEPILOGO

Il presente testo si propone di presentare un contributo metodologico al problema dell’accuratezza dell’analisi della reazione degli Stati di fronte a situazioni di contenzioso internazionale. A tal fine, dopo aver considerato altre metodologie di analisi delle relazioni internazionali, viene presentata la descrizione di un modello funzionale di immediata applicazione. Questo modello indica le probabili reazioni dei governi di fronte a determinate situazioni di contenzioso, a seguito di un’analisi in cui gli elementi oggettivi di proiezione del potere e di difesa degli interessi nazionali sono associati a variabili politiche, culturali e ideologiche che compongono il sistema cognitivo e formazione psicologica delle élite al potere di un paese e, in ultima analisi, influenzare il suo processo decisionale.

Parole chiave: Relazioni internazionali, Costruttivismo, Modellistica della dinamica dei sistemi, Geopolitica.

1. INTRODUZIONE

Fin dall’inizio dell’organizzazione umana, la sopravvivenza delle società è dipesa dalla disponibilità di cibo, riparo e sicurezza. Man mano che queste società si evolvevano in città, regni, stati, imperi e altri formati, i summenzionati elementi di base della sopravvivenza continuavano ad essere rilevanti, sebbene assumessero dimensioni progressivamente complesse. A questo contesto si aggiungono, da un lato, la componente esterna della struttura dei mezzi di produzione di queste società, con particolare attenzione al commercio (ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE, 2015), alla finanza (ARRIGHI; SILVER, 2001; STRANGE, 2015) e, inoltre, i meccanismi di sicurezza e protezione (KEOHANE, 1984). Tuttavia, la descrizione dell’evoluzione delle società e del modo in cui interagiscono tra loro – pacificamente o meno – non può limitarsi ai soli sistemi economici e di difesa. Dal punto di vista dell’autore e convergenti con elementi della teoria del costruttivismo (ADLER, 1999; WENDT, 1999), della modellizzazione dei sistemi dinamici non lineari (FISUNOGLU, 2019) e del concetto di “autonomia interattiva” (FUCHS; COLLIER, 2007, p. 23), variabili la cui essenza è soggettiva, come il grado di conoscenza accumulato (o il suo rovescio, l’ignoranza), le religioni, le ideologie, il razzismo e le architetture sociopolitiche (in questo caso, classi, caste e simili), sono anche determinanti in azioni e reazioni nel contesto delle relazioni tra società.

Le decisioni prese dai governi di fronte a sfide e conflitti esterni – più comunemente di natura economica o di difesa – si suppone si basino su analisi razionali, che si sviluppano su un insieme di parametri selezionati in base alla loro rilevanza e pertinenza a situazioni specifiche. Tuttavia, la storia registra – dall’antichità ai giorni nostri – numerosi casi in cui imperi e nazioni, dotate di ampie risorse umane e materiali, si sono praticamente autodistrutte – in alcuni casi in tempi brevi – per decisioni lontane dalla razionalità, ma che potrebbe essere compreso tenendo conto di motivazioni non così ovvie o configurabili come quelle che possono essere applicate all’economia e alla difesa: visione di sé (in questo caso, i leader locali o le élite), visione dei loro coetanei , visione dall'”esterno”, le loro convinzioni e alleanze. Conoscere queste e altre variabili (ADLER, 1999; GIDDENS, 1984) e incorporarle nei processi analitici delle relazioni internazionali fornirebbe una posizione vantaggiosa per chi le conduce, nella misura in cui sarebbe possibile liberarsi di un obbligo quasi metodologico di spiegare relazioni internazionali solo dalla disputa per potere, territorio, mercati, capitali, tecnologia e materie prime, tra gli altri fattori che sono generalmente utilizzati dalle teorie tradizionali di analisi delle relazioni internazionali per spiegare le ragioni per cui le nazioni entrano in conflitto. Come indicano João Pontes Nogueira e Nizar Messari (2005, p. 8), “il dibattito contemporaneo nelle Relazioni internazionali sarebbe un dibattito tra realismo, liberalismo e costruttivismo e le loro rispettive varianti”.

Il presente testo si propone di presentare un contributo metodologico al problema dell’accuratezza dell’analisi della reazione degli Stati di fronte a situazioni di contenzioso internazionale. Pertanto, dopo aver considerato altri modelli di analisi delle relazioni internazionali, presentiamo la descrizione di uno strumento pienamente operativo, sviluppato dall’autore di questo articolo, che indica le probabili reazioni di paesi in una situazione di contenzioso internazionale supportate da un’analisi nell’ambito di i quali elementi oggettivi della proiezione del potere e della difesa degli interessi nazionali interagiscono con i fattori cognitivi che modellano le menti dei leader di un paese e delle élite dominanti. Le formule che compongono il modello stabiliscono interazioni e pesi tra un insieme di fattori che influenzano i processi decisionali in ambito internazionale e rispettivi sottoinsiemi di variabili, a cui vengono assegnati pesi numerici, in strati successivi. In definitiva, il modello indica le reazioni più probabili dei paesi, all’interno di un insieme finito di alternative selezionate alla luce della pratica reale delle relazioni internazionali, in due possibili contesti: regolare ed estremo. Va notato che il modello non è basato su statistiche, né mira a costruire scenari alternativi di conflitti internazionali, sebbene l’evoluzione dei pesi delle sue variabili consenta un certo livello di flessibilità nel proiettare le reazioni dei governi allo studio.

2. L’ANALISI DEI CONFLITTI NELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI

Il modello di analisi delle relazioni internazionali, basato sulla teoria dell’azione razionale (ALDEN, 2017, p. 3-7), sostiene che il processo decisionale è condotto dall’apice della struttura di potere di un paese – lo Stato – basato su una processo di analisi dei costi e dei benefici, che cerca di massimizzare gli interessi e i valori nazionali. In questo modello, i decisori di politica estera analizzano oggettivamente gli elementi informativi disponibili per un dato contesto esterno e definiscono possibili linee d’azione, tenendo conto della disponibilità e della portata dei mezzi e degli strumenti disponibili per l’azione esterna, dei possibili scenari esterni e delle potenziali conseguenze delle linee di azione adottate. Questo paradigma di analisi può essere associato al modello realista della teoria delle relazioni internazionali (MORGENTHAU; THOMPSON, 2005).

Affinché il modello di azione razionale sia efficace, uno Stato dovrebbe avere una serie di requisiti che, in linea di principio, non sarebbe comune avere contemporaneamente: leader politici con grande esperienza in campo politico e alta capacità intellettuale, diplomazia che è ugualmente esperto e qualificato, servizi di intelligence professionalizzati e dotato di ampi strumenti d’azione e prestazioni efficaci, oltre alla disponibilità di mezzi politici, economici, tecnologici e/o militari per un’azione immediata (POWELL, 1994). Si può sostenere che non sarebbe difficile trovare alcuni Stati attualmente dotati dei requisiti di cui sopra. Tuttavia, anche così, l’ancora di questo modello, l’applicazione della razionalità da parte dei formulatori di potere, da sola, non potrebbe garantire il successo di una linea d’azione definita da uno Stato nell’affrontare una situazione di conflitto in campo internazionale. Un leader politico (in quanto personificazione di uno Stato) può capire che sta prendendo una decisione “razionale” in campo esterno, pur essendo ignaro o ignaro del fatto che la base del suo ragionamento (compreso quello dei suoi diretti consiglieri e del struttura di supporto analitico ad un’alta pubblica amministrazione) riflette visioni ideologiche, religiose o razziali.

Per il momento, varrebbe la pena ricordare che essere “razionali” non è la stessa cosa che essere “realisti”. L’analisi di una situazione di contenzioso internazionale basata sulla valutazione costi-benefici (da cui deriva la definizione di possibili linee di azione in politica estera) può commettere l’errore di riflettere un’istantanea del momento, una situazione geopolitica o economica, mentre un valutatore chi tende al realismo tenderà ad andare oltre le circostanze attuali e ad essere consapevole, a lungo termine, delle dinamiche delle relazioni internazionali. In questo senso, applicare il modello dell’azione razionale in un’analisi delle controversie internazionali può essere utile per simulare il processo di costruzione mentale di un decisore, ma sarebbe uno strumento incompleto per non considerare elementi psicologici (HERMANN; HERMANN, 1989) e culturali (ESTER; VAN NISPEN, 2013) che influenzano il ragionamento delle élite dominanti di un paese.

Altri modelli teorici vanno oltre il realismo e il posizionamento dello “Stato” come attore principale nelle relazioni internazionali, capace di sviluppare ragionamenti logici e razionali, immuni al mondo reale in cui è inserito. Tra questi altri modelli (es. liberalismo, idealismo, marxismo grammaticale, scuola inglese, postmodernismo, ecc.), tre convergerebbero con la concezione concettuale del modello di analisi proposto in questo articolo: (i) il modello del processo politico (Mc ADAM, 1982, p. 81-104), che sostiene che il decisore è influenzato dall’azione proattiva di attori non pubblici, come la società civile ei media. Naturalmente, l’efficacia delle strategie e delle tattiche per influenzare questi attori dipende dal profilo di una società: se il regime politico è democratico e rappresentativo, se lo Stato è laico, se esiste una stampa libera, se la società civile gode della libertà di associazione ed espressione e, non ultimo, se la maggior parte della popolazione ha livelli di istruzione di base, anche non tradizionali, come base per avere una nozione di sé come singoli attori politici e strumenti per esercitare la cittadinanza; (ii) il modello multidimensionale, che cerca di considerare l’intreccio di diversi approcci e teorie nell’analisi dei conflitti internazionali. Secondo Ali Askerov:

To select and coordinate conflict resolution efforts at different levels to successfully de-escalate and transform the protracted social conflict we need to diagnose its root causes thoroughly by employing a multidimensional approach (ASKEROV, 2008, p. 66).

Per comporre il suo studio sul conflitto russo-ceceno, Askerov (2008, p. 66-79) ha scelto il seguente gruppo di strutture teoriche: bisogni umani fondamentali[2], violenza culturale e strutturale[3], frustrazione-aggressività[4] , strutturazione[5], squilibrio di classificazione[6], identità sociale[7], deprivazione relativa[8] e psicoanalisi[9]. Nel documento Conflict-sensitive approaches to development, humanitarian assistance and peace building: tools for peace and conflict impact assessment, pubblicato congiuntamente dalle organizzazioni non governative APFO[10], CECORE[11], CHA[12], FEWER[13] , INTERNATIONAL ALERT[14] e SAFERWORLD[15], si indica che l’analisi dei conflitti può comprendere la ricerca e l’elaborazione di informazioni ottenute da diverse fonti e attori (governi, società civile, organizzazioni internazionali, ecc.), come mezzo di attraversamento informazioni, corroborare le informazioni, identificare le convergenze e identificare i punti divergenti tra i diversi punti di vista di una situazione di controversia in esame.

Alcuni mezzi, per farlo, implicano la conduzione di ricerche, interviste, discussioni di gruppo e consultazioni. I diversi modelli di analisi dei conflitti applicati dalle agenzie internazionali comprendono temi quali la politica, l’economia, la sicurezza e l’ambiente geografico[16], i diritti umani[17], la stabilità interna, le relazioni etniche, le risorse naturali, la diaspora[18] e le dinamiche sociali (classi sociale, genere, identità, storia, credenze)[19]; (iii) il modello del costruttivismo, in cui l’analisi della politica estera di un Paese incorpora aspetti sociali, identitari e ideologici. Secondo Emanuel Adler, Professore nel Dipartimento di Relazioni Internazionali dell’Università Ebraica di Gerusalemme:

Constructivism is the view that the manner in which the material world shapes and is shaped by human action and interaction depends on dynamic normative and epistemic interpretations of the material world. (…) Moreover, constructivists believe that the human capacity for reflection or learning has its greatest impact on the manner in which individuals and social actors attach meaning to the material world and cognitively frame the world they know, experience and understand. Thus collective understandings provide people with reasons why things are as they are and indications as to how they should use their material abilities and power (ADLER, 1999, p. 205-206).

Questa inquadratura del mondo basata su comprensioni collettive genererebbe molteplici possibilità di reazione di leader ed élite politiche a situazioni di controversia internazionale, come conseguenza di diversi processi di costruzione di un’interpretazione del mondo materiale e del suo funzionamento. Anche secondo Emanuel Adler:

Constructivism’s importance and its added value for the study of International Relations lie mainly in its emphasis on the ontological reality of intersubjective knowledge and on the epistemological and methodological implications of this reality. Constructivists believe that International Relations consist primarily of social facts, which are facts only by human agreement. (…) Thus constructivism is an attempt, albeit timid, to build a bridge between the widely separated positivist/materialist and idealist/interpretive philosophies of social science (ADLER, 1999, p. 206).

Il costruttivismo ha ampliato gli orizzonti dell’analisi delle relazioni internazionali dimostrando il valore aggiunto dei fattori che generano i fatti sociali e del comportamento dei loro attori nella composizione dei processi decisionali. Se del caso, sarebbe opportuno salvare un’altra affermazione di Emanuel Adler (1999):

Constructivism seizes the middle ground (between Rationalist and Relativist Theories[20]) because it is interested in understanding how the material, subjective and intersubjective worlds interact in the social construction of reality, and because, rather than focusing exclusively on how structures constitute agents’ identities and interests, it also seeks to explain how individual agents socially construct these structures in the first place (ADLER, 1999, p. 216).

Il modello di analisi presentato nel presente articolo converge concettualmente con la teoria del processo politico, con la multidimensionalità del processo decisionale degli agenti politici e, in particolare, con i principi base del costruttivismo, ovvero che le strutture dell’associazione umana sono determinato principalmente da idee condivise piuttosto che da forze materiali e che le identità e gli interessi degli attori rilevanti per l’analisi delle relazioni internazionali sono costruiti da queste idee condivise e non date dalla natura (WENDT, 1999). Si può infatti affermare che le teorie di analisi delle relazioni internazionali emerse dopo i secoli di regno dell’approccio realista hanno la caratteristica comune di riconoscere l’ovvio: i leader e le élite politiche sono gli esseri umani e la figura dello “Stato” non è rinchiusa, in una bolla immune all’ambiente circostante[21], le condizioni – che non possono essere trascurate in nessun quadro teorico di analisi delle dinamiche con cui nascono i conflitti internazionali – vengono affrontate e risolte, a prescindere dal destino e dalla fortuna di gli attori coinvolti.

3. STRUMENTI DI ANALISI

Secondo Courtney Brown (2015), apud Ali Fisunoglu (2019):

The “hegemony of linear models” in political science is the result of a path-dependent trend caused by the historical dominance of linear models and the way social science data are collected. Consequently, the sociological imprint of linear models in the social sciences is still significant (FISUNOGLU, 2019, p. 233).

In una ricerca condotta da Detlef Sprinz e Yael Wolinsky-Nahmias (2004) sugli approcci metodologici applicati allo studio delle relazioni internazionali, è emerso che, in articoli pubblicati su riviste[22] sull’argomento, tra il 1975 e il 2000, la proporzione il numero di studi basati su statistiche è cresciuto dal 26% alla fine degli anni ’70 al 43% alla fine degli anni ’90. Utilizzando strumenti statistici, è possibile selezionare una serie di parametri (ad es. politica interna, politica estera, difesa, economia e commercio internazionale) e costruire database in grado di identificare modelli e trarre inferenze. Tuttavia, i test statistici devono essere sostanzialmente coerenti con i meccanismi causali alla base delle teorie (in questo caso, nell’ambito delle relazioni internazionali) che intendono valutare (BRAUMOELLER; SARTORI, 2004). Con queste informazioni sarebbe possibile, quindi, individuare un “comportamento medio” di un Paese per ogni voce che integra una banca dati, che diventerebbe un riferimento da applicare nell’analisi di una nuova (o potenziale) controversia internazionale.

Questo modello di analisi permette di indicare la tendenza della reazione di un Paese a situazioni specifiche, sulla base di un profilo delineato in registri raccolti sistematicamente e registrati in modo standardizzato. Tuttavia, quando si applicano i modelli lineari potrebbero sorgere alcune domande: fino a che punto un modello o un “comportamento medio” costruito attraverso algoritmi di intelligenza artificiale, che elabora record accumulati nel corso di decenni e moltiplicati per nuovi formati di acquisizione delle informazioni (es. social network; “internet delle cose” ), avrebbe sufficiente flessibilità per considerare cambiamenti improvvisi o radicali nel posizionamento internazionale dei paesi? In che misura un modello basato sulla statistica sarebbe in grado di incorporare fattori teoricamente non soggetti a registrazioni statistiche nel suo processo analitico? Un’interessante analisi del miglioramento dei modelli di analisi su base statistica è stata fatta da Nathaniel Beck, Gary King e Langche Zeng (2000, p. 21-36).

Le attuali tecnologie della comunicazione e dell’informazione, oltre agli strumenti di raccolta ed elaborazione dei dati, come il data mining e i big data, offrono da decenni mezzi per la sistematizzazione e l’analisi delle informazioni che considerano anche fattori di evoluzione dell’oggetto sottoposto a un seguito. La fase culminante di questo processo sarebbe l’identificazione di standard che potrebbero essere applicati nell’analisi delle controversie nel campo delle relazioni internazionali (PRAKASH, 2019). Vi è infatti una crescente diffusione dell’uso di questi strumenti, come nel caso della sfera economica: la definizione di un profilo di consumatore (CHEN, 2011) e l’analisi dei messaggi scambiati nei social network[23]. Secondo Ben Scott, Stefan Heumann e Philippe Lorenz (2018, p. 14), “gli intensi investimenti nazionali nella ricerca e nello sviluppo dell’intelligenza artificiale mirano a ottenere un vantaggio asimmetrico nelle nuove tecnologie che potrebbero alterare l’equilibrio della leadership globale”.

Non è, tuttavia, unanime l’opinione che i modelli statistici – enormemente valorizzati dalle moderne tecnologie dell’informazione – quali strumenti in grado di fornire elementi di informazioni accurate per l’analisi dei conflitti internazionali. Come indicato da Hamid Akin Unver (2018):

The strong empiricism of regression and statistical modelling was challenged by the qualitative camp for a variety of reasons, including distortion of analytical focus, manipulation of data, and overall skepticism over how much mathematical validity can imply causality (UNVER, 2018, p.2).

In questo contesto, vale la pena ricordare il lato controverso di questa nuova realtà, che coinvolge, ad esempio, la vendita clandestina dei registri dei consumatori, la condivisione dei dati personali che le aziende che gestiscono i social network virtuali fanno con i servizi di intelligence, e persino le teorie sul possibile applicazioni della tecnologia 5G.

L’uso dell’informatica nelle relazioni internazionali deriva da un processo identico ma precedente implementato nelle scienze sociali (UNVER, 2018). La sua applicazione, tuttavia, si concentra sugli stessi temi dell’analisi tradizionale della teoria realista delle relazioni internazionali: pace e sicurezza, attori statali, trattati e organizzazioni internazionali e ordine mondiale. Man mano che l’analisi delle questioni relative alla difesa e alla sicurezza nazionale è diventata più sofisticata oltre i temi tradizionali come la capacità militare e il controspionaggio, compresa la ricerca e il monitoraggio delle attività delle organizzazioni terroristiche, dei gruppi religiosi fondamentalisti e dei movimenti sociali di militanza politica, sono stati progressivamente incorporati elementi sociologici in questo processo. La domanda che si pone è: fino a che punto gli analisti dei conflitti internazionali stanno sfruttando appieno il potenziale di questo incalcolabile universo di informazioni che coinvolge attori pubblici e non. Sempre secondo Hamid Akin Unver (2018), la ricerca incentrata su temi come la difesa, l’equilibrio di potere, i conflitti armati e le infrastrutture ha attirato più attenzione dalla ricerca computazionale rispetto ad altri approcci promettenti nelle relazioni internazionali, come il costruttivismo, il poststrutturalismo e le teorie o postmoderno.

Fermo restando il valore dei sistemi statistici per l’analisi delle relazioni internazionali, lo scopo di questo articolo è di sostenere che un modello di analisi basato sull’associazione logica di variabili sociali, economiche, politiche e di difesa e sicurezza può essere utile come strumento complementare nell’individuare le reazioni degli Stati a potenziali controversie internazionali. Il modello in questione sarebbe in linea con la visione di Christian Fuchs e John Collier (2007), nel senso che la società è un sistema complesso, con fattori causali multidimensionali, in cui cause ed effetti non possono essere mappati linearmente. Per i suddetti autori, i sistemi sociali sarebbero interconnessi dinamicamente: le strutture e le pratiche economiche, politiche e sociali guidano i processi creativi culturali, mentre le strutture e le pratiche culturali guidano i processi creativi nei sistemi economici, politici e sociali. La metodologia in esame presenta, a sua volta, un approccio concettuale convergente con la modellazione di sistemi dinamici non lineari (FISUNOGLU, 2019).

4. PROPOSTA DI MODELLO DI ANALISI DELLE CONTROVERSIE INTERNAZIONALI

Come accennato nella parte introduttiva di questo articolo, l’economia è uno dei principali elementi motivanti delle relazioni internazionali tra Stati sovrani. In aggiunta a ciò, l’istituzione o il mantenimento di posizioni economiche egemoniche come base per sostenere le strutture di potere, stabilità e controllo sociale richiede la percezione della sicurezza del comando e della fiducia che i governanti devono trasmettere ai loro subordinati (HASEL, 2013), il disponibilità di deterrenti politico-militari (ART; GREENHILL, 2015), competenza nel conquistare e mantenere i mercati e garantire l’accesso alle materie prime[24], capacità di investire in nuove tecnologie (ZHANG, 2004, p. 94-95), proattività diplomatica (TOWNSEND-GAULT, 1998, p. 182-185; NIBLETT, 2010) e una base industriale (TOZZO, 2018, p. 23) sufficiente a sostenere gli strumenti di affermazione e mantenimento del potere.

Nonostante il peso dell’economia nel funzionamento di una società, essa da sola non sarebbe in grado di spiegare gli atteggiamenti assunti dai governi sovrani nelle loro relazioni internazionali. Come notato nell’introduzione a questo testo, dovrebbero essere presi in considerazione anche altri fattori come la religione, l’omogeneità etnica e l’ideologia, ad esempio. In un processo decisionale, i funzionari di governo si trovano di fronte a situazioni oggettive da considerare, le cui risposte deriverebbero, in teoria, come precedentemente notato, da un’analisi razionale delle opzioni strategiche, tattiche e dei mezzi disponibili (ALDEN, 2017). Ma non va dimenticato che i governanti sono esseri umani, membri di società con valori, credenze ed idiosincrasie culturali (HERMANN, 1989, p. 365), che compongono un quadro sfaccettato e dinamico, soggetto alle circostanze di un momento storico.

In questo senso, quando si intende analizzare la performance internazionale dei governi di fronte alle sfide loro imposte – o da essi imposte a terzi – sarebbe opportuno considerare un’ampia gamma di fattori, in modo complementare a lo studio dei fattori economici e geopolitici che incidono sul processo decisionale nel contesto delle relazioni internazionali. La creazione di un modello analitico che si propone di svolgere questo compito affronterebbe la sfida di equiparare elementi eterogenei di analisi: da un lato, insiemi di parametri o attributi che possono essere raccolti e misurati utilizzando sistemi statistici governativi o criteri di classificazione definiti istituzioni private specializzate; dalla parte opposta, elementi la cui natura morfologica è diffusa, integrati da elementi culturali che influenzano la formazione delle menti dei leader politici e il modo in cui interpretano la realtà (HERMANN, 1989, p. 365; ESTER; VAN NISPEN, 2013, p. 8) -13). Questo articolo presenta le basi concettuali e la struttura di un modello inteso a fungere da strumento per effettuare tale analisi. Il modello è composto da un insieme standardizzato di fattori e variabili, queste ultime con pesi quantificati. Le formule modello – che non verranno riprodotte in questo articolo – indicano le possibilità per gli Stati di reagire a potenziali conflitti internazionali nel contesto storico contemporaneo.

5. DESCRIZIONE DEL MODELLO

L’International Dispute Analysis Model (MADI) mira a indicare le probabili reazioni di due paesi a uno specifico insieme di potenziali controversie internazionali, sulla base di un’analisi basata su formule che correlano un gruppo selezionato di fattori e le rispettive variabili che teoricamente influenzano il processo decisionale dei governi nelle loro relazioni internazionali. A seconda della natura del contenzioso, le formule modello stabiliscono diverse configurazioni dei pesi applicabili alla citata correlazione di fattori che incidono sull’assunzione di decisioni. In questo articolo non vengono presentati i dettagli delle formule e dei pesi delle variabili del modello in discussione, a causa della proprietà intellettuale dell’autore.

Il modello è composto da sei fogli di lavoro e dodici tabelle di riferimento. Il modello è stato completamente sviluppato in inglese.

5.1 FOGLIO DI LAVORO

Il processo di costruzione degli esiti suggeriti per ciascuno dei due paesi analizzati si svolge in sei fasi consecutive, strutturate in fogli di calcolo con formule che generano un progressivo accumulo di punteggi. I passaggi sono dettagliati di seguito:

Fase 1 – Definizione del Profilo Paese: In questa prima fase, i profili individuali dei due Paesi in esame sono determinati sulla base di dieci fattori. Ciascuno dei fattori ha un sottoinsieme di variabili, a cui vengono assegnati pesi numerici. Poiché il profilo di uno dei paesi analizzati tende a essere stabile in un intervallo di tempo (es. da 1 a 2 decenni), il modello può operare sulla base di una banca di profili per utilizzi successivi. Date le dinamiche interne delle relazioni sociali, politiche ed economiche in ogni Paese del mondo, nonché delle relazioni internazionali nelle diverse dimensioni (commercio, investimenti, difesa, ecc.), sarebbe necessario promuovere aggiustamenti periodici delle variabili e delle loro pesi.

I 10 fattori selezionati dal modello, più una giustificazione per la loro scelta, sono i seguenti:

Eredità di civilizzazione[25]: l’estensione temporale dell’esperienza di civilizzazione di un Paese può fornire un input rilevante per un’analisi del grado di maturità di un’élite politica e della sua società quando si tratta di prendere una decisione in relazione al mondo esterno. Non è una scienza esatta, ma un argomento che le società dotate di strutture sociali e politiche operanti per migliaia di anni tendono ad agire in modo più equilibrato, strategico (KISHWAR, 2017) e, quindi, meno ostinato. Tuttavia, ci sono paesi in questo primo gruppo che, in periodi di turbolenza o di radicalizzazione sociale/politica (SUNY, 2007, p. 59-63), possono adottare misure anche in campo internazionale in modo sconsiderato e mal calcolato. In un secondo gruppo di nazioni, con qualche secolo di organizzazione sociale e politica, il rapporto con l’esterno non sarebbe referenziato in un patrimonio di civiltà, ma in un’immagine autocostruita, basata su credenze e valori morali che esprimerebbero la sua “eccezionalità” (NYMALM; PLAGEMANN, 2019, p. 14; HENDRICKSON, 2018, p. 69-70);

Regime politico: non sarebbe necessario presentare prove esaurienti nel senso che i regimi democratici hanno più meccanismi di bilanciamento (HENDRICKSON, 2018, p. 72-74; MARTILL, 2018, p. 16-25; BRANDON, 2005, p. 120 ) e razionalità nell’esercizio del potere rispetto ai regimi autocratici o autoritari. In tal senso, i regimi strutturati intorno alla rappresentatività e all’equilibrio tra tre poteri (Esecutivo, Legislativo e Magistrale) tendono ad agire con maggiore prudenza nelle relazioni internazionali, senza implicare negligenza nell’applicazione delle strategie e delle tattiche adottate nella proiezione o difesa dei propri interessi nazionali ( LINDSAY, 2018, p. 145-161). A loro volta, regimi verticali altamente centralizzati privi di meccanismi di autocontrollo sono esposti ad atteggiamenti imprevedibili dei loro leader (es. avventure militari e alleanze celebrate senza una preventiva analisi del loro valore aggiunto) e ai rischi di decisioni autocratiche (GANDHI, 2008). , p. 101), che può essere, in molti casi, irrazionale. Questo secondo gruppo comprende i casi classici delle dittature, dei regimi monopartitici e quelli di natura populista, inclini al culto della (alla) personalità (BRANDON, 2005, p. 120-124);

Economia: la dimensione dell’economia di un paese, misurata dal suo prodotto interno lordo (PIL), ha un’influenza diretta sulla performance internazionale dei governi. I paesi con grandi economie devono cercare, nel contesto transfrontaliero[26], il mantenimento dei mercati, l’accesso alle fonti di risorse naturali e ai flussi (positivi) di capitali, tra molti altri elementi che non dovrebbero essere elencati qui, come base per preservare le basi del potere costituito. Di conseguenza, per questi paesi, la necessità di attuare azioni proattive piuttosto che reattive è inevitabile. D’altra parte, i paesi con economie fragili o semplicemente di sopravvivenza cercano di inserirsi, di regola, nello spazio di azione delle potenze economiche, situazione che limita l’esercizio di una politica estera indipendente (BEASLEY et al., 2013, p. 4). A loro volta, i paesi con economie di dimensioni intermedie hanno margini di manovra nell’area internazionale, in particolare nei casi in cui il fattore “Difesa” non è il bilancio (BEASLEY et al., 2013, p. 7-8).

Un altro aspetto importante analizzato anche nelle variabili del modello riguarda il peso del commercio estero sull’economia del Paese e, di conseguenza, sul processo decisionale del governo (WOLFF, 2018). I paesi che hanno una bassa percentuale del PIL legata alle esportazioni tendono ad essere meno assertivi nella disputa per i mercati, nella negoziazione di accordi commerciali e nella partecipazione alle discussioni internazionali sui meccanismi di regolazione degli scambi di beni e tecnologie. D’altra parte, nei paesi in cui una quota importante del PIL locale dipende dall’esportazione di beni e servizi e dall’importazione di input di diversa natura, viene mantenuta una politica estera attiva e che si dispiega in molteplici forme di azione, motivata da un istinto di sopravvivenza, che può anche spiegare azioni militari (STOCKWIN, 1955, p. 158).

Anche nell’ambito dell’economia, sarebbe possibile verificare il peso dell’influenza del settore privato sulle decisioni del governo (KIM; MILNER, 2019, p. 5-13). A questo punto non importerebbe tanto la dimensione del PIL del Paese in analisi, ma la storia del rapporto tra il settore produttivo ei suoi vertici politici e, anche qui, il peso del commercio estero sull’economia locale. Naturalmente, questa analisi si applicherebbe solo ai paesi che hanno strutture produttive al di sopra del livello di sopravvivenza.

Difesa/Sicurezza: insieme all’economia, alla difesa (in senso militare) e alla sicurezza (in senso di stabilità sociale e politica) di un Paese spiegano, fin dall’inizio della storia, molti dei movimenti che si verificano sulla scena internazionale. Inizialmente, possiamo ricordare paesi con una storia interventista, un’azione che può aver luogo attraverso un’azione militare diretta o attraverso cospirazioni e azioni camuffate, come la provocazione del regime change e il finanziamento indiretto dei freedom fighters (COOLEY, 2018). Ci sono situazioni in cui l’interventismo – come mezzo per acquisire nuovi territori, imporre egemonia politica ed economica o unificare comunità etniche – fa parte della convinzione stessa di creare il Paese come nazione (KRAKAU, 1994, p. 257-258). In altre situazioni, l’interventismo può essere momentaneo, legato a periodi di esacerbazione ideologica o religiosa, o come risposta a una percezione di rischio per l’esistenza stessa del Paese come società organizzata (TELHAMI, 1990, p. 400-401). D’altra parte, si può dire che, osservando la dinamica delle relazioni internazionali, la maggior parte dei paesi non si mostra interventista. In parte di questo secondo gruppo di paesi, la predominanza etnica o la presenza di confini stabili, nel senso del concetto di sovranità della Vestfalia, sono fattori che tendono ad evitare conflitti di confine (ATZILI; KADERCAN, 2017, p. 122-123). In altri casi, ci sono paesi con situazioni sociali e geografiche irrisolte, che molto probabilmente attirerebbero desideri interventisti, ma che sono neutralizzati da limitazioni economiche e militari[27].

Un altro gruppo di variabili da considerare nell’analisi del tema della difesa riguarda naturalmente la capacità militare e, a seconda del Paese, il grado di influenza dei comandanti militari sul loro governo centrale (BECHTEL, 2017, p. 4-7). Nel caso della capacità militare, la sua maggiore o minore disponibilità è un elemento decisivo per determinare il potenziale di azione e di reazione di un Paese di fronte a potenziali conflitti esterni. Anche così, possono verificarsi errori di calcolo e la storia è piena di esempi di avventure militari senza successo. Poiché il modello che verrà descritto di seguito può essere analizzato per tutte le nazioni nel loro insieme, sarebbe essenziale evidenziare la situazione specifica dei paesi dotati di armi nucleari e i mezzi per la loro proiezione. Nei governi stabili con legittimità politica, le prestazioni dei militari sono generalmente professionali e basate su valutazioni razionali. Nei paesi con regimi eccezionali o altamente ideologici, i militari sono mobilitati come strumenti per esacerbare le azioni di politica estera (LISINSKA, 2019, p. 58-66).

Un’altra importante variabile da analizzare nel campo della difesa e della sicurezza riguarda il rischio di azioni terroristiche. Se c’è evidenza della presenza di tale rischio e in base al suo potenziale di materializzazione, l’azione esterna (in questo caso, reazione) di un Paese sarà proporzionale: dall’adozione di misure di protezione interne (intelligence; protocolli di sicurezza; blocco di operazioni)[ 28], all’organizzazione di azioni estreme (attacchi militari e operazioni di commando)[29].

Infine, varrebbe la pena ricordare le alleanze politico-militari. I paesi che sono membri di alleanze, indipendentemente dalla loro posizione di leadership o di leadership, le utilizzano quando necessario come strumento di pressione o minaccia[30]. A loro volta, i paesi che non fanno parte di alleanze di difesa o di sicurezza collettiva devono mantenere un certo livello di allineamento politico con le grandi potenze, come fonte di sostegno immediato nell’affrontare le crisi internazionali nel campo della difesa e/o della sicurezza. Questo sostegno delle potenze ai paesi con minori capacità militari e di sicurezza non è fornito senza controparti politiche ed economiche[31];

Formazione culturale: il patrimonio culturale di una società, insieme ad altri fattori che modellano la mente dei leader politici (ESTER; VAN NISPEN, 2013; FRIEND, 2018, p. 160) in numerosi aspetti psicologici, non sembra essere valorizzato nelle analisi delle relazioni internazionali. Paesi culturalmente diversi e cosmopoliti, aperti a ricevere contributi da altre culture (HANNERZ, 2006, p. 2), tendono a reagire in modo più pacifico di fronte alle controversie con lo “straniero” (NAN et al. 2009, p. 6). D’altra parte, i paesi in cui permea un senso di cultura nazionale tradizionale tendono a reagire in modo difensivo e meno flessibile nella negoziazione dei conflitti (FRIEND, 2018, p. 161-165). Si potrebbe qui dare rilievo ai paesi che potremmo classificare come “diffusori”, quelli che proiettano elementi della loro cultura su scala regionale o globale. Questa pratica è un veicolo di soft-power e proiezione politica attraverso mezzi non militari ed economici ( RYNIEJSKA – KIEŁDANOWICZ, 2009, p. 12);

Istruzione e base tecnologica: la prima parte dei commenti su questo punto riguarda il livello di istruzione dei leader politici in un paese. Ancora più importante delle capacità individuali di un leader politico, il livello di formazione dei suoi consiglieri[32] e dei primi gradi di governo è una condizione determinante per il successo o il fallimento di una politica estera. Nel suo discorso alla cerimonia di inaugurazione come Segretario Generale del Ministero degli Affari Esteri brasiliano, pronunciato il 20 gennaio 2015, l’Ambasciatore Sérgio Danese[33] ha affrontato la questione come segue:

A two-hundred-year history, of which we zealously keep a proud and useful institutional memory, and the quality of its staff have made Itamaraty (note: Brazilian Ministry of Foreign Affairs) respected inside and outside Brazil and have given the country not only a powerful tool in its interaction with the world, but a heritage of many dimensions, starting with its own territory and the exemplary relationships of friendship and understanding it maintains with each of its neighbors. It is on this double patrimony that any good management of Itamaraty is built (MINISTRY OF FOREIGN AFFAIRS, 2015).

Nonostante, tuttavia, l’importanza della presenza di quadri dirigenti con un elevato background formativo, questo patrimonio da solo non si traduce in un’azione internazionale efficiente, efficace e razionale, poiché anche altri fattori costituiscono la capacità di giudizio degli individui, come il loro patrimonio culturale, eventuale fede religiosa, ideologia e percezione razziale, come discusso sopra, nella voce “formazione culturale”.

Il rapporto tra tecnologia, innovazione, sicurezza nazionale e potere nel contesto delle relazioni internazionali è oggetto di riconoscimento generale e trascurare questa realtà può avere conseguenze significative in termini di leadership economica e politica (LEWIS, 2018, p. 1-6). Avere una capacità locale di innovazione nella ricerca e sviluppo (SCHOT e STEINMUELLER, 2018, p. 1555-1562), pubblica o privata, è essenziale per la continua modernizzazione di settori come la difesa, le tecnologie dell’informazione, i prodotti farmaceutici, la produzione di energia e la produzione agricola , solo per citare i casi più emblematici. La registrazione dei brevetti sarebbe un indicatore per misurare la capacità tecnologica e la produzione economica di un paese (POWELL; SNELLMAN, 2004, p. 202-206).

Religione: sotto l’argomento della difesa o dell’espansione di una fede, nel corso della storia sono state commesse innumerevoli guerre, massacri e atti barbarici. Ne sono esempi la distruzione della biblioteca di Alessandria da parte della Chiesa cattolica romana, le crociate, le invasioni islamiche in Europa durante il medioevo e l’età moderna, oltre alla distruzione delle religioni e delle conoscenze sviluppate da diverse società precolombiane da parte dei colonizzatori europei dell’uso della religione come pretesto per la conquista del potere, del territorio e della ricchezza. La religione è stata utilizzata dai leader politici come strumento per la manipolazione di massa e per la mobilitazione di grandi sforzi necessari per soddisfare gli scopi di un’entità spirituale superiore o di un libro sacro. In questo contesto, la religione influenza anche la politica estera di un Paese (ALTORAIFI, 2012, p. 23; BLACKMAN, 2018, p. 525-528; WARNER; WALKER, 2011, p. 117-125);

Ideologia: una persona che segue consapevolmente un’ideologia è poco diversa da un praticante di dottrine religiose. Tutti gli errori commessi a causa del fervore religioso si ritrovano anche in individui che praticano dottrine ideologiche. Le diverse tradizioni ideologiche (HEYWOOD, 2012, p. 9) offrono “certezze” che non sarebbero oggetto di un’analisi di coerenza (HEYWOOD, 2012, p. 15). Una politica dello Stato basata su una dottrina ideologica, seguita dai suoi dirigenti e alti funzionari, sarebbe strutturata su interpretazioni indiscutibili della realtà, su valori “morali” o “civilizzanti” da imporre alle altre nazioni (per il proprio bene), nonché dall’esportazione di modelli di organizzazione sociale e politica ritenuti “più evoluti” rispetto ad altre nazioni “meno evolute”. I regimi socialisti o fascisti sono relativamente facili da identificare e classificare in base alla loro base ideologica. Questo compito diventa più difficile quando l’ideologia è dietro le tende concettuali, come “libertà”, “democrazia” e “giustizia”.

Geografia: il fattore geografico è naturalmente associato alla difesa e all’economia di un paese. Poiché si ritiene che la disputa sui territori generi conflitti di natura militare (SCHULTZ, 2015, p. 28-29), il modello parzialmente presentato in questo articolo include come variabili i conflitti nelle aree di confine.

Omogeneità etnica: Il fattore etnico ha assunto un ruolo più presente nelle relazioni internazionali dopo la fine della competizione ideologica tra l’Occidente e il mondo socialista che segnò il periodo della Guerra Fredda (CARMENT, 1994, p. 551). La composizione etnica di una società come elemento di costruzione di un’identità nazionale (ALTORAIFI, 2012, p. 45-48; LEWIN-EPSTEIN; LEVANON, 2005, p. 94) è stata, quindi, scelta come variabile per comporre la profilazione dei paesi analizzati nel modello proposto descritto in questo articolo. Le formule del modello danno un peso più pronunciato ai paesi con maggiore omogeneità etnica. Non si tratta di valorizzare tale omogeneità, ma piuttosto di indicare che paesi con omogeneità etnica sarebbero più propensi ad assumere posizioni influenzate da particolari elementi dei loro costumi e valori (ALTORAIFI, 2012, p. 113-115). In questo contesto sono inclusi gli atteggiamenti che potrebbero essere associati alla xenofobia (LEWIN-EPSTEIN; LEVANON, 2005, p. 90-93).

Fase 2 – Inizio della profilazione della dicitura del Paese per ciascuna delle cinque potenziali tipologie di contenzioso: La funzione di questa seconda fase del modello è quella di definire, in valori numerici, una prima approssimazione delle reazioni di un Paese in relazione a 5 (cinque) temi: (I) Difesa/Sicurezza; (II) Economia; (III) Politica; (IV) Territorio; e (V) Tecnologia. Per ciascuna delle cinque voci vengono applicate formule che associano diverse composizioni dei 10 fattori di profilazione paese. In queste formule vengono utilizzati i subtotali delle variabili che compongono le suddette composizioni fattoriali. Di seguito verrà presentata una descrizione generica delle tabelle e delle formule del modello.

Fase 3 – Introduzione degli elementi di enfasi per le 5 potenziali situazioni di conflitto: In questa terza fase, il profilo della reazione di un Paese a ciascuna delle cinque potenziali situazioni di conflitto subisce un primo processo di affinamento, con l’obiettivo di applicare alle variabili aggiunte di pesi originariamente selezionato per ciascuna composizione delle formule del modello, al fine di accentuare l’impatto del profilo di reazione iniziale.

Fase 4 – Applicazione di variabili aggiuntive alla profilazione della reazione di un Paese alle 5 potenziali situazioni di conflitto: in questa fase, la costruzione del profilo di reazione passa attraverso un secondo processo di affinamento, in cui vengono quantificate e applicate quattro variabili che affrontano l’interazione dei governi con interlocutori interni ed esterni: Percezione Reciproca; Bluff; Opinione pubblica e orientamento politico-ideologico. Il contenuto di queste variabili sarà discusso nella descrizione delle Tabelle da 5 a 8 del modello.

Step 5: Consolidamento della reazione del Paese, con applicazione del fattore “NIAR” e indicazione dell’esito suggerito dal modello. In questa quinta fase, la più importante del modello, si consolida la definizione della reazione del Paese a ciascuna delle 5 potenziali tipologie di contenzioso, con un terzo processo di affinamento dei punteggi già accumulati. Questo passaggio prevede l’applicazione del fattore “Interesse Nazionale Considerato Sotto Rischio-NIAR”. Questo fattore viene applicato attraverso diverse associazioni dei subtotali delle variabili che ne compongono le componenti.

Step 6 – Definizione della probabile reazione reciproca dei due paesi in analisi alle loro reazioni: Una volta definite le reazioni dei due paesi in analisi, il modello indica un probabile esito della controversia, basato su una relazione tra il grado di asimmetria della reazione di ciascuno dei due paesi analizzati e della differenza tra i pesi delle variabili che compongono il “NIAR”. Il valore ottenuto da questa relazione tra i dati porta ad una selezione automatica di una delle cinque possibilità di replica reciproca elencate nella tabella del modello.

5.2 TABELLE

La tabella 1 elenca 10 fattori che possono influenzare l’azione internazionale di uno Stato sovrano: patrimonio di civiltà; Regime politico; Economia; Difesa/Sicurezza; Formazione culturale; Livello educativo e tecnologico; Religione; Ideologia; Geografia e omogeneità etnica. La descrizione di ciascuno di questi fattori è stata presentata al punto 5.1 di questo articolo. Per ciascuno di questi fattori, le variabili sono collegate per delineare un profilo per i paesi in analisi. Il modello ha dozzine di variabili nella Tabella 1. Ad ogni variabile è stato assegnato un peso numerico. L’inquadramento dei paesi nelle suddette variabili può essere basato su fonti di informazione internazionali, incluse nel corpo della Tabella 1. Il modello ha una struttura flessibile, che consente lo spiegamento delle variabili originali di ciascun sottoinsieme e dei loro pesi numerici, senza compromettere l’applicazione delle sue formule, che funzionano dai totali parziali. Pertanto, le evoluzioni progressive possono essere incorporate nel modello. Per l’analisi dei conflitti situati in altri momenti storici, sarà necessario adeguare le variabili ei loro pesi alla realtà del tempo da analizzare.

La tabella 2 introduce le 5 potenziali situazioni di contenzioso per le quali il modello costruisce scenari di reazione: Difesa/Sicurezza; Economia; Politica; Territorio e tecnologia. Per ciascuna tipologia di contenzioso, il modello prevede formule che stabiliscono diverse correlazioni di pesi e pesi, come di seguito riportato:

a) Difesa/Sicurezza: pesi tra le variabili Difesa, Geografia, Beni Culturali, Religione, Omogeneità Etnica, Ideologia, Regime Politico e Patrimonio Civile;

b) Economia: ponderazioni tra le variabili dei fattori Economia, Educazione/Scienza e Tecnologia, Regime Politico e Formazione Culturale;

c) Politica: ponderazioni tra le variabili dei fattori Regime Politico, Ideologia, Omogeneità Etnica, Formazione Culturale, Religione e Patrimonio Civile;

d) Territorio: ponderazioni tra le variabili di estrazione culturale, Religione, Ideologia, Geografia, Regime politico, Omogeneità etnica, Difesa ed Economia; e

e) Tecnologia: pesi tra le variabili dei fattori Istruzione/Tecnologia, Economia e Difesa/Sicurezza.

La tabella 3 include formule che mirano a sottolineare l’entità del potenziale impatto delle cinque situazioni di contenzioso sulla composizione delle reazioni dei paesi in analisi. Gli aspetti generali di queste formule sono presentati di seguito:

a) Impact Factor del Contenzioso Difesa/Sicurezza: la formula mette in correlazione l’indice di Tabella 2 per la situazione del contenzioso “Difesa/Sicurezza” con le variabili dei Fattori Difesa/Sicurezza, Ideologia e Geografia;

b) Impact Factor per le controversie in economia: la formula mette in correlazione le variabili del fattore “Economia” con l’indice della Tabella 2;

c) Impact Factor per la controversia politica: la formula mette in correlazione le variabili di tre fattori (Regime politico, Religione e Ideologia) con l’indice della tabella 2 per la situazione della controversia politica;

d) Impact Factor per il Contenzioso Territoriale: la formula mette in correlazione le variabili di tre fattori (Economia, Ideologia e Geografia) con il risultato dell’indice di Tabella 2 per la situazione del contenzioso territoriale; e

e) Impact Factor per Dispute in Technology: la formula mette in correlazione le variabili del fattore Education & Technology con l’indice di tabella 2 per la situazione del contenzioso in ambito tecnologico.

La tabella 4 introduce nel modello, come ulteriore elemento di analisi, l’impatto di possibili rischi causati da fattori esterni sugli interessi nazionali ritenuti di grande sensibilità per un Paese. Questi fattori di rischio sono raggruppati in 5 categorie (Difesa/Sicurezza, Economia, Politica, Territorio e Tecnologia), al fine di consentire un’associazione con le cinque potenziali situazioni di contenzioso internazionale. Le variabili sono anche associate a ciascuno di questi fattori, con i rispettivi pesi specifici. La tabella 11 presenta una descrizione generica della composizione di questi fattori. Le cinque categorie sono suddivise di seguito:

I) Difesa/Sicurezza: le variabili per questa componente nel modello stabiliscono pesi che cercano di cogliere (i) la misura in cui l’azione degli agenti stranieri può causare turbative nella stabilità di un Paese; (ii) l’entità dell’impatto che le situazioni di instabilità nei paesi limitrofi (o regioni/continenti, a seconda della proiezione geografica del paese in esame) possono avere sugli interessi strategici del paese in esame; e (iii) l’entità dell’impatto che potenziali controversie internazionali possono avere sull’infrastruttura di difesa di un paese, a seconda dei costi di manutenzione e disponibilità di contingenti e attrezzature, programma di ammodernamento e, in caso di conflitto effettivo, costi operativi e risorse umane e perdite materiali;

II) Economia: le variabili per questo tema riguardano il commercio internazionale, i blocchi economici, le sanzioni commerciali e il sabotaggio da parte di attori stranieri nelle operazioni di società estere. I danni al flusso commerciale possono generare impatti strutturali sulla bilancia dei pagamenti di un paese, sul gettito fiscale, sulla perdita di posti di lavoro e sull’inflazione dei prezzi, tra gli altri effetti. L’azione intenzionale di attori esterni per danneggiare l’economia di un paese sarebbe uno degli esempi della cosiddetta “guerra ibrida”[34]. A loro volta, le controversie internazionali possono avere effetti dannosi sul sistema finanziario di un paese. Come per il commercio estero, anche il sistema finanziario può subire le conseguenze dell’imposizione di sanzioni, del blocco delle transazioni bancarie e dell’impatto di operazioni non ortodosse, come la distribuzione clandestina di valuta contraffatta. Anche la diffusione di notizie fraudolente e di attacchi informatici comporta rischi per i sistemi finanziari.

Gli effetti delle controversie esterne sul prodotto interno lordo di un paese sono stati considerati componenti rilevanti del modello qui discusso. A seconda dell’entità economica degli effetti negativi di un contenzioso esterno, è possibile un impoverimento sistemico di un Paese, con conseguenze in termini di instabilità politica e sociale. Infine, il modello considera anche l’accesso a materie prime, combustibili e altri beni di natura strategica, che, a seconda della situazione particolare di ciascun Paese, possono motivare l’adozione di misure reattive al rischio di un accesso libero e regolare a tali input;

III) Politica: le variabili per questo tema considerano la preoccupazione di un Paese di non vedere a rischio un’immagine costruita come strumento della propria politica estera. Un’immagine internazionale positiva può essere utile in una serie di situazioni, come ad esempio fungere da “argomento morale” per l’adozione di azioni aggressive nei confronti di paesi terzi etichettati come trasgressori del “buon comportamento” che ci si aspetterebbe da loro nel contesto delle relazioni internazionali, o una piattaforma per indurre agende (es. ambiente; diritti umani; sicurezza, ecc.), che, in apparenza, sarebbero “nell’interesse collettivo”, ma che mascherano interessi strategici. In questo senso, i Paesi che investono nell’immagine esterna come strumento di potere sono sensibili a contenziosi che, se non adeguatamente gestiti, possono compromettere progetti strategici di politica estera. Inoltre, le controversie con altri paesi che indeboliscono l’efficacia di una politica estera, che riducono i loro strumenti di partecipazione ai flussi economici internazionali o che diffondono una visione di perdita di resilienza politica, finiscono per indebolire il sostegno della leadership regionale o globale e il successo di progetti geopolitici a lungo termine.

Infine, il modello include nel suo processo di analisi l’impatto della politica interna sulla politica estera di un Paese. Ecco un fattore di rischio percepito dai leader e dalle élite politiche, poiché la dimostrazione di debolezza, tiepidezza o inettitudine nell’affrontare le controversie internazionali può diventare un fattore di destabilizzazione politica. A seconda del regime politico del paese, gli impatti del fallimento esterno possono variare da conseguenze non traumatiche (perdita del sostegno politico/base elettorale, nel caso dei regimi democratici) a traumatiche (disobbedienza civile; guerra civile; colpi di stato; regime crollo in vigore);

IV) Territorio: le variabili per questo tema stabiliscono dei pesi per un insieme di situazioni che possono generare livelli di gravità progressivi. Una crisi di confine può avere molte origini, che possono potenziare o addirittura catalizzare ulteriori fonti di conflitto tra due paesi. Nel caso delle controversie di confine, il grado di sensibilità è nettamente maggiore, poiché richiede la mobilitazione di sforzi diplomatici e, se del caso, militari. Una disputa di confine può scatenare passioni sociali sepolte nel tempo, con conseguenze imprevedibili. Alcune regioni del mondo stanno ancora vivendo situazioni di tensione al riguardo, come il Caucaso, i Balcani e il Medio Oriente;

V) Tecnologia: le variabili per questo tema stabiliscono pesi che coprono l’accesso ai mercati tecnologici esteri e il mantenimento (o la perdita) della soglia tecnologica. I paesi leader nella produzione e commercializzazione di tecnologie d’avanguardia (o prodotti da essa derivati) non vogliono concorrenza, sia perché una frazione importante delle tecnologie d’avanguardia è legata al settore della Difesa, sia per il vitale interesse per mantenere il controllo sugli strati più alti delle catene del valore globali e, in questo contesto, la direzione dei flussi di capitale e la concentrazione del reddito. Pertanto, i paesi in una posizione di leadership sono molto sensibili alle controversie basate sulla tecnologia, il che significa che saranno disposti ad adottare misure severe contro i loro rivali. D’altra parte, i paesi che non producono tecnologia e che sono semplicemente produttori di materie prime e/o fornitori di manodopera a basso costo difficilmente inaspriranno i negoziati su questo argomento e cercheranno di ottenere vantaggi in cambio dell’apertura della loro economia locale alla tecnologia straniera.

Le Tabelle da 5 a 8 del modello introducono 4 (quattro) elementi che non fanno parte dell’insieme dei fattori che definiscono il profilo di un Paese ed erano, quindi, collocati al di fuori della Tabella 1, ma che possono incidere sulla discrezionalità dei leader politici a livello di relazioni estere di un paese. Questi elementi sono i seguenti:

a) Percezione reciproca: lo scopo di questa variabile è valutare in che misura il Paese “A” rispetta il Paese “B” e viceversa; la misura in cui una parte considera l’altra resiliente e, quindi, motivata e ferma di fronte all’altra in una situazione contesa. Quando si assegna un valore a questa variabile, sono presenti molti dei suddetti fattori di natura soggettiva che incidono sulla visione del mondo dei governi e dei leader politici: xenofobia, interventismo, ideologia, ecc. Si tratta, tuttavia, di una variabile che può portare a situazioni ambigue: da un lato, ottenere una diagnosi obiettiva sui livelli di autostima, morale e fiducia dei governanti dell’altro Paese sulla base di informazioni ottenute da fonti di intelligence; dall’altro i leader politici che vedono l’altro Paese in modo presuntuoso e prevenuto, indipendentemente dalle informazioni presentate dai loro servizi di intelligence, perché danno maggiore importanza alla loro visione del mondo, che può essere influenzata dai pregiudizi. Nel primo caso, la percezione sarà un elemento positivo per l’analisi di una situazione conflittuale. Nel secondo caso, tale variabile verrebbe applicata in senso completamente opposto alla sua funzione, inducendo erroneamente i calcoli del modello e compromettendone i risultati;

b) Bluff: la funzione di questa variabile è incorporare nei calcoli del modello la possibilità di un paese considerando che l’altro paese utilizza la tattica del bluff. L’analisi di questa variabile presenta somiglianze con quella della “Percezione” sopra descritta, in particolare in relazione ai processi di ricerca delle informazioni e al modo in cui vengono valutati: analisi oggettiva e basata su dati di intelligence “versus” interpretazione soggettiva e non razionale di una situazione di conflitto ;

c) Opinione pubblica: variabile la cui influenza è particolarmente presente nei paesi democratici; e

d) Identità ideologica: la funzione di questa variabile è di relativizzare la reazione di un Paese di fronte a una potenziale situazione di contenzioso con un altro Paese con affinità ideologiche. In questi casi si tende ad allontanarsi dall’adozione di misure drastiche tra i due paesi.

La tabella 9 presenta le principali funzionalità del modello: l’indicazione delle possibili reazioni dei paesi analizzati alle situazioni di contenzioso. A questo punto del modello viene applicata la formula che correla la “reazione Paese” a ciascuna delle cinque potenziali situazioni di conflitto e l’indice di “interesse nazionale a rischio” per ciascun Paese. A sua volta, la selezione della reazione alternativa per ciascuna delle cinque situazioni di potenziale contenzioso si basa su intervalli di punteggio corrispondenti alle alternative presentate nella Tabella 9, composte da tre sottoinsiemi: Appeasement (accommodation), Encirclement (restriction) e Military mobilization  (mobilitazione militare), senza interferenze esterne da parte del valutatore. Un’altra caratteristica del modello è di presentare due possibilità di reazione: “regolare” ed “estremo”.

La tabella 10 è direttamente collegata alla tabella 9. Il suo scopo è indicare il profilo della risposta reciproca dei due paesi alle rispettive reazioni. Il calcolo in questa tabella include formule che sfruttano le asimmetrie di punteggio di alcune voci del modello per ciascuno dei paesi in analisi e, da quel momento, generano un punteggio da cui sarà ricavato uno scenario replica contenuto nella Tabella 12 del modello selezionato.

Tabella 1 – Flusso operativo del modello

Contesto: vogliamo analizzare una controversia tra due paesi, “A” e “B”, e identificare le loro probabili reazioni.
Applicazione del modello: il modello genera un punteggio cumulativo applicando formule che quantificano, cumulativamente, i profili nazionali, l’impatto di specifici gruppi di variabili e l’intersezione dei dati dei due paesi analizzati. Al termine, il modello indica automaticamente la probabile reazione di ciascun Paese a cinque potenziali situazioni di contenzioso: difesa, economia, politica, territorio e tecnologia.
1a fase: definizione dei profili generici dei Paesi “A” e “B”, basati su dieci fattori (attributi) che coprono, tra gli altri, aspetti politici, economici e psicosociali. I sottoinsiemi di variabili associati a ciascun fattore generano subtotali (“X”).
2a fase: quantificazione di un secondo profilo dei paesi “A” e “B”, questa volta in relazione a cinque potenziali situazioni di contenzioso. Dall’interazione tra gruppi di sottoinsiemi misurati nella 1a fase (“X”), vengono generati valori per ogni potenziale situazione di contenzioso, per paese (“Y”).
3a fase: aggiunta di un fattore di enfasi (impatto) di ciascuna delle cinque potenziali situazioni di contenzioso al profilo dei paesi “A” e “B” misurato nella 2a fase (da “Y” si genera “W”).
4a fase: quantificazione dell’impatto dei fattori esterni (“Z”), che si sommano ai valori accumulati dei profili nazionali precedentemente misurati (“Y” e “W”).
5a fase: determinazione della reazione dei paesi “A” e “B” alle cinque potenziali situazioni di contenzioso oggetto del modello: (i) viene misurata la relazione tra “Z” e le variabili “NIAR”; (ii) con il punteggio finale accumulato, il modello seleziona automaticamente, per ogni potenziale situazione di contenzioso, una delle probabili alternative di reazione contenute in un’apposita tabella, per due scenari: “Regular” ed “Extreme”.
6a fase: determinazione della Replica Reciproca alle Reazioni di “A” e “B” alle cinque potenziali situazioni di contenzioso, tenendo conto delle asimmetrie quantificate dal modello tra i profili di ciascun Paese analizzato.

Fonte: paternità propria, 2020.

6. CONCLUSIONE

Come precedentemente indicato in questo articolo, il modello non è stato configurato per effettuare analisi statistiche dei fattori che influirebbero direttamente o indirettamente sul processo decisionale nell’ambito delle relazioni internazionali. L’architettura concettuale del modello si basa su un approccio che cerca di considerare, attraverso associazioni logiche, i pesi dei diversi gruppi di variabili che profilano un Paese e la sua leadership, alla luce delle sue caratteristiche interne e delle sue interazioni con l’esterno, con l’obiettivo di evidenziare le probabili reazioni ad un gruppo selezionato di possibili controversie internazionali. Essendo strutturato in formule, variabili e pesi standardizzati applicabili a qualsiasi Paese, il modello può fungere da strumento complementare per l’analisi di scenari realizzati da altre piattaforme, con il valore aggiunto di incorporare elementi cognitivi, psicosociali, culturali e ideologici, normalmente assenti del tradizionale processo di analisi dei conflitti internazionali, che tradizionalmente verte sugli aspetti della difesa, della sicurezza, dell’economia e della politica.

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APPENDICE – RIFERIMENTI ALLE NOTE

2. DANESH, H. B. Human Needs Theory, Conflict, and Peace. In: The Encyclopedia of Peace Psychology, D.J. Christie (ed.). Nova Jersey: Blackwell Publishing Ltd, 2011, p. 127.

3. GAITUNG, J. Violence, Peace, and Peace Research. In: Journal of Peace Research. Londres: Sage Publications Ltd., v. 6, n. 3, 1969, p. 167–191.

4. DOLLARD, J. et al. Frustration and Aggression. New Haven: Yale University Press, 1939; BREUER, J. e ELSON, M. Frustration-Aggression Theory. In: The Wiley Handbook of Violence and Aggression, Peter Sturmey (ed.). Nova Jersey: John Wiley and Sons, Ltd., 2017.

5. GIDDENS, A. The constitution of society: Outline of the theory of structuration. Cambridge: Polity Press, 1984, p. 16-39.

6. HODGE, J. K. et al. Rank disequilibrium in multiple-criteria evaluation schemes. In: Involve, a Journal of Mathematics. v.10, n. 1. Berkeley: Mathematical Sciences Publishers, 2017, p. 165-180.

7. TURNER, J.C.: REYNOLDS, K. J. The Story of Social Identity, Rediscovering Social Identity: Key Readings. T. Postmes & N. Branscombe (ed.). Nova York: Psychology Press, 2010, p. 13-32.

8. WALKER, I.; SMITH, H.L. Relative Deprivation: Specification, Development, and Integration. Cambridge: Cambridge University Press, 2002, p. 13-16.

9. BRENNER, C. An Elementary Textbook of Psychoanalysis – Revised edition. Nova York: International Universities Press, 1973.

10. Africa Peace Forum – APFO. Disponível em: http://www.amaniafrika.org/. Acesso em: 8 mar. 2020.

11. Center for Conflict Resolution – CECORE. Disponível em: www.cecore.or.ug/. Acesso em: 8 mar. 2020.

12. Consortium of Humanitarian Agencies – CHA. Disponível em: www.humanitarian-srilanka.org/. Acesso em: 8 mar. 2020.

13. Forum on Early Warning and Early Response – FEWER. Disponível em: www.fewer-international.org/. Acesso em: 8 mar. 2020.

14. International Alert. Disponível em: https://www.international-alert.org. Acesso em: 8 mar. 2020.

15. Saferworld. Disponível em: https://www.saferworld.org.uk. Acesso em: 8 mar. 2020.

16. Department for International Development (DFID), United Kingdom. Conducting Conflict Assessments: Guidance Notes. Londres: DFID, 2002, p. 10-12.

17. O’BRIEN, P. Benefits-Harms Guidebook. Cooperative for Assistance and Relief Everywhere (CARE International). Genebra: CARE International, 2001.

18. SHARDESAI, S.; WAM, P. The Conflict Analysis Framework (CAF): identifying conflict-related obstacles to development. In: Social Development Notes, n. 5. Conflict Prevention & Reconstruction. Washington-DC: World Bank, 2002.

19. GARRED, M. et al. Making Sense of Turbulent Contexts: Local Perspectives on Large-Scale Conflict, Part I, Chapter 2: Key Concepts and Theories of Conflict. Uxbridge: World Vision International, 2015, p. 42-57.

20. Titolo del capitolo dell’articolo richiamato, da cui trae origine la citazione.

21. Con la diffusione dell’intelligenza artificiale si rivela la possibilità di un’ampia automazione del processo di analisi delle relazioni internazionali. Tuttavia, sarebbe troppo presto per parlare di un trionfo della teoria dell’azione razionale, poiché il risultato di un ragionamento elaborato da un computer è limitato all’universo dei concetti e delle variabili a sua disposizione, che possono avere la loro origine dipendente da valori, religiosi, sociali e razziali.

22. American Political Science Review, International Organization, International Security, International Studies Quarterly, Journal of Conflict Resolution e World Politics.

23. Somente no sítio da internet da empresa Capterra, na opção de consulta Social Media Monitoring Software, listam-se 72 empresas que oferecem plataformas, ferramentas e serviços de monitoramento de mídias sociais. Disponível em: www.capterra.com Acesso em: 26 mar. 2020.

24. “The Clinton administration declared that the US has the right to use military force unilaterally to ensure ‘uninhibited access to key markets, energy supplies, and strategic resources’” (CHOMSKY, Noam. “Future Global Hegemony and the US”, Al Akhbar, 26 ago. 2011. Nova York: Global Policy Forum. Disponível em: https://www.globalpolicy.org/challenges-to-the-us-empire/general-analysis-on-challenges-to-the-us empire/50643-future-global-hegemony-and-the-us.html Acesso em: 26 mar. 2020.

25. O conceito de “civilização” é aplicado no presente artigo como a representação das qualidades particulares de uma cultura (HERBERT Jr., 1980, p. 5; LAWRENCE, 2010, p. 157), e não no sentido de organização social e progresso econômico (CHILDE, 1950, p. 9-16; ADAMS, 1966, p. 1-2, 44-45).

26. “Economics has become the indispensable foreign policy tool of our time. Everything we do is to ensure that the United States remains the world’s strongest and most dynamic economy”, Departamento de Estado dos Estados Unidos da América, Subsecretaria de Crescimento Econômico, Energia e Meio Ambiente, Escritório de Assuntos Econômicos e Negócios. Disponível em: https://www.state.gov/bureaus-offices/under-secretary-for-economic-growth-energy-and-the-environment/bureau-of-economic-and-business-affairs/Acesso em: 30 mar. 2020.

27. No artigo “Why Venezuela’s Petro-Aggression In Guyana Is Being Largely Ignored”, Ryan OPSAL comenta as circunstâncias internas do lado venezuelano no contexto da disputa territorial daquele país com a Guiana. Disponível em: https://oilprice.com/Energy/Crude-Oil/Why-Venezuelas-Petro-Aggression-In-Guyana-Is-Being-Largely-Ignored.html Acesso em: 31 mar. 2020.

28. Um exemplo de medidas adotadas nesse campo encontra-se na Estratégia da União Europeia de Luta Contra o Terrorismo, aprovada em Bruxelas em 30 nov. 2005, que contempla 4 pilares: Prevenir, Proteger, Perseguir e Responder, cada qual com medidas específicas. Disponível em: https://register.consilium.europa.eu/doc/srv?l=ES&f=ST%2014469%202005%20REV%204 Acesso em: 30 mar. 2020.

29. O momento contemporâneo da estratégia militar contraterrorista dos Estados Unidos é objeto da análise de Kyle REMPFER no artigo “Special operations launches ‘secret surrogate’ missions in new counter-terrorism strategy”, www.militarytimes.com 08 fev. 2019. Disponível em: https://www.militarytimes.com/news/your-army/2019/02/08/fighting-terrorism-may-rely-on-secret-surrogate-forces-going-forward/ Acesso em: 30 mar. 2020.

30. Exemplo recente desse tipo de manobra é o caso das atividades militares da Turquia na Síria, tema abordado em artigo de Candace RONDEAUX intitulado “NATO Is in Denial About the Risk of War Between Turkey and Russia”, World Politics Review, 06 mar. 2020. Disponível em:

https://www.worldpoliticsreview.com/articles/28583/for-nato-turkey-russia-war-is-a-nightmare-scenario Acesso em: 31 mar. 2020.

31. “Bolsonaro Wants Closer Security Ties With Washington. Does Brazil’s Military?” World Politics Review, 05 abr. 2019, Disponível em: www.worldpoliticsreview.com/trend-lines/27738/bolsonaro-wants-closer-security-ties-with-washington-does-brazil-s-military Acesso em: 31 mar. 2020.

32. “An individual appointed or assigned to be a chief of mission should possess clearly demonstrated competence to perform the duties of a chief of mission, including, to the maximum extent practicable, a useful knowledge of the principal language or dialect of the country in which the individual is to serve, and knowledge and understanding of the history, the culture, the economic and political institutions, and the interests of that country and its people” Sec.304 (a)(1), Appointment of Chiefs of Mission, Foreign Service Act of the United States of America. Disponível em: https://www.usaid.gov/sites/default/files/documents/1868/fsa.pdf Acesso em: 01 abr. 2020.

33. Disponível em: http://www.itamaraty.gov.br/pt-BR/discursos-artigos-e-entrevistas-categoria/secretario-geral-das-relacoes-exteriores-discursos/7510-discurso-do-embaixador-sergio-danese-por-ocasiao-da-cerimonia-em-que-tomou-posse-como-secretario-geral-do-ministerio-das-relacoes-exteriores Acesso em: 01 abr. 2020.

34. “The synchronized use of multiple instruments of power tailored to specific vulnerabilities across the full spectrum of societal functions to achieve synergistic effects”. Multinational Capability Development Campaign (MCDC), p. 8. Disponível em: https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/647776/dar_mcdc_hybrid_warfare.pdf Acesso em: 30 mar. 2020.

[1] MBA in Progetti e Laurea in Relazioni Internazionali.

Inviato: Dicembre 2020.

Approvato: Dicembre 2020.

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Marcio Lopes Corrêa

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