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Paternità responsabile: una riflessione sociologica sull’abbandono paterno

RC: 138819
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DOI: 10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/scienze-sociali/abbandono-paterno

CONTEÚDO

ARTICOLO ORIGINALE

MOROSINI, Agostinho [1]

MOROSINI, Agostinho. Paternità responsabile: una riflessione sociologica sull’abbandono paterno. Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento. Anno. 08, ed. 01, vol. 03, pagg. 42-52. Gennaio 2023. ISSN: 2448-0959, Link di accesso: https://www.nucleodoconhecimento.com.br/scienze-sociali/abbandono-paterno, DOI: 10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/scienze-sociali/abbandono-paterno

RIEPILOGO

Questo articolo si propone di riflettere sulla paternità responsabile e sul fenomeno dell’abbandono paterno in una prospettiva sociologica. L’esistenza di questo fenomeno è presunta, accompagnata da un’invisibilità sociale: che esiste, ma non è discussa. Nelle considerazioni finali, si osserva che il fenomeno dell’abbandono paterno si è aggravato dai tempi moderni, ma si hanno tracce della sua esistenza fin dall’antichità greca classica, servendo anche da monito alla necessità di rimuovere questo fenomeno di invisibilità della vita sociale e di incoraggiare modi per superarlo.

Parole chiave: Abbandono, Paternità, Responsabilità, Invisibilità sociale.

1. INTRODUZIONE

Negli studi di sociologia, uno dei fenomeni riscontrati nelle società è l’invisibilità sociale, come nel caso dell’abbandono paterno. Proprio questo è il problema di questa ricerca, che si propone di riflettere sul fenomeno dell’abbandono paterno in una prospettiva sociologica.

Si assume che in ogni società esistano fenomeni o comportamenti classificabili come “fatti sociali” e che, secondo Durkheim (1999), non solo sono esterni all’individuo, ma sono anche dotati di una forza imperativa e coercitivo con cui si impongono su di lui, che gli piaccia o no.

La proposta di questo tema nasce dalla constatazione dell’innegabile esistenza del fenomeno dell’abbandono paterno, accompagnato da una certa invisibilità. Nella tesi di Dagoberto Rosa de Jesus (2022), vengono sviluppati argomenti, basati sulla letteratura brasiliana e sulla mitologia greca, che mostrano il problema dell’orfanotrofio fin dall’antichità. In questo studio, Jesus (2022) conduce il lettore a riflettere sull’orfanotrofio, cercando di mostrare il tema della memoria nell’evocazione dell’infanzia, dove c’è uno spazio che rimanda alla mancanza di un padre o all’assenza di una madre. Questo articolo è a questo punto.

La base teorica si basa su: Durkheim (1999), sui fenomeni sociali o fatti sociali; MacIntyre (2001), che analizza l’emotivismo, la perdita di parametri e paradigmi per vivere l’etica nella modernità; Bauman (2004), che difende una superficialità, una sorta di liquidità nel comportamento umano; Jesus (2022), attuale autore che, attraverso la letteratura, rilancia la discussione sulla paternità, mostrando il problema dell’orfanotrofio; Lins (2009), in particolare nell’area della Filosofia dell’Educazione, che dimostra l’importanza dell’etica e la necessità di formare un soggetto etico. Altri autori sono considerati in tutto il testo, in quanto corroborano il tema.

Viene utilizzata la metodologia dell’interpretazione ermeneutica di Paul Ricoeur (2013). Questo metodo di analisi consente di estrarre informazioni fondamentali contenute nei documenti, portando il ricercatore a possibili approssimazioni e conclusioni. In questo approccio è fondamentale prestare attenzione al significato dei concetti espressi nei discorsi e nelle azioni che vengono presentate.

2. PATERNITA’ E RESPONSABILITA’

A differenza della figura della madre, che è concreta e quasi indiscutibile, l’immagine del padre può mescolarsi a certezze e dubbi. Il termine padre, tradotto dal latino pater, al di sopra del significato di genitore, finalizzato alla procreazione, implica il riconoscimento come padre nei confronti del figlio. Nel romanzo di Machado de Assis (1839-1908), nella sua opera Dom Casmurro (ASSIS, 2020), lascia dubbi tra i personaggi, se il figlio di Capitu sia in realtà di Bentinho o di Escobar. Tuttavia, senza giudicare se ci sia stata effettivamente infedeltà o meno, c’è la certezza che Capitu sia la madre.

Secondo Savanti (2009), “la storia della paternità è intrinsecamente legata al modo in cui ciascuna cultura ha concepito il rapporto tra famiglia e organizzazione sociale” (il corsivo è mio). In questa affermazione, riferendosi alla storia della paternità nelle culture, si possono includere il matriarcato e il patriarcato, con le loro peculiari caratteristiche e conseguenze. In questo lavoro non si intende approfondire quest’area. Tuttavia, l’autore osserva che, a partire dal sec. XX, vi furono cambiamenti significativi in ​​quella che era considerata la famiglia tradizionale, ora messa in discussione nelle sue strutture, soprattutto con la svalutazione sociale della figura paterna. Include, tra gli altri fattori, il movimento femminista, le questioni di genere e le questioni di bioetica, argomenti pertinenti, ma che non si intende approfondire in questo lavoro, lasciandoli come suggerimento per coloro che sono qualificati per affrontare questi problemi. Ciò che conta per questo testo è la questione della paternità responsabile e irresponsabile.

Per avere veramente la paternità ci deve essere anche la responsabilità, altrimenti resta solo il senso di genitore. Tuttavia, la realtà attuale mostra la difficoltà di molte persone a stabilire legami duraturi nel tempo che passa. Bauman (2004) indica possibili sintomi di fragilità nelle relazioni umane, una realtà che richiede uno sguardo più attento, soprattutto per quanto riguarda le persone in situazioni vulnerabili. Nella post-modernità le esperienze e le relazioni umane sono diventate superficiali, non legate ai valori più rilevanti che dovrebbero guidare la società, come: veridicità, fedeltà, onestà. Le relazioni, il più delle volte, sono solo per “provarci”.

È in questa dinamica del mondo postmoderno che Wojtyla (2016, p. 221) sottolinea che «l’uomo e la donna, nelle loro relazioni coniugali, non sono in una relazione limitata a se stessi: per forza di cose, la loro relazione comprende la nuova persona che, grazie alla loro unione, possono essere (pro)creati”. L’autore fa riferimento all’espressione “persona nuova”, riguardante il figlio della coppia. Si noti l’altra espressione “può essere”, come l’autore discute a lungo nel suo lavoro, mostrando la domanda fondamentale che la coppia deve porsi: “posso essere padre?” o “posso essere una madre?” Secondo l’autore, quando l’elemento potenziale della paternità e della maternità è escluso dai rapporti sessuali coniugali, rimane solo l’intenzione del piacere sessuale. Cioè, quando l’uomo o la donna rifiutano in modo assoluto l’idea di essere padre o madre, corrono il rischio di oggettivare la persona dell’altro e cercare solo il piacere sessuale, che mette a repentaglio l’amore affettivo e la stabilità dell’unione.

Cosa significa la combinazione dei due termini responsabilità e paternità? Si può pensare al senso di responsabilità, a una vita moralmente cosciente, contrapposta alla pratica dell’immoralità. Secondo Von Hildebrand (2020, p. 38-39), “l’uomo dotato di senso di responsabilità comprende, quindi, tutta la serietà del mondo dei valori e delle loro esigenze, tenendone conto. Tenete presente la serietà e l’irrevocabilità della realtà in ogni decisione” (corsivo aggiunto). Non si tratta qui di concettualizzare la responsabilità, ma di mostrare, secondo l’autore, l’importanza di una vita consapevole, basata su valori fondamentali per una vita etica e virtuosa.

3. UNA RIFLESSIONE DA UNA PROSPETTIVA SOCIOLOGICA

È possibile osservare, attraverso la letteratura e in una prospettiva sociologica, che il fenomeno dell’abbandono paterno non è solo qualcosa del tempo presente. Secondo Jesus (2022), ci sono indicazioni nella letteratura brasiliana che l’esistenza dell’abbandono paterno risalga a tempi antichi e la risorsa che gli scrittori usavano erano le loro produzioni letterarie, soprattutto dal sec. XVI:

Pela pena de Ana Miranda podemos ver um Brasil que iniciava sua história tendo muitos de seus personagens marcados pelo selo da orfandade. Essa ausência do pai ou da mãe na literatura e, por que não dizer, na história de nosso país remonta desde o século XVI: um país de órfãos. Deste período até os dias de hoje, essa marca pode ser observada na literatura, posto ser este espaço uma forma de representação da realidade. Esse indivíduo que, como afirma Riobaldo, tem um “escuro nascimento” (ROSA, 2019, p. 127), se apresenta na literatura nos mais diversos textos, na prosa, no verso e nas mais diversas formas das manifestações culturais e artísticas, desde o cancioneiro popular, passando por Machado de Assis, Graciliano Ramos, Guimarães Rosa e chegando a contemporâneos, como Milton Hatoum e Ana Miranda, entre tantos outros (JESUS, 2022, p. 45).

È importante sottolineare che il focus di questo articolo non è l’orfanotrofio, tuttavia si nota che questa è una delle conseguenze dirette legate all’abbandono paterno. Nel testo evidenziato, l’autore mostra uno scenario invisibile, ma esistente e innegabile della realtà, cioè del mondo reale. E, se nel sec. Nel XVI secolo i fattori che provocarono il fenomeno erano direttamente legati alla capitale europea, la situazione attuale è ben diversa, a causa del mondo globalizzato della postmodernità, poiché uno dei sintomi di questi tempi tecnologici (Modernità e Postmodernità) è il paradosso in cui l’umanità avanza tecnologicamente molto velocemente, – il che è positivo, perché porta possibilità di miglioramento – ma, allo stesso tempo, regredisce eticamente e moralmente.

Il sociologo Durkheim (1999) utilizza l’idea di “fatto sociale” per mostrare che in ogni società esistono fenomeni, tipi di comportamento o modi di pensare che, secondo questo autore, non sono solo esterni all’individuo, ma sono dotati anche di una forza imperativa e coercitiva con la quale si impongono su di lui, che lo voglia o no. In tal modo, l’abbandono paterno, analizzato come “fatto sociale”, ci indica diversi altri fattori intrinseci, anche se esterni all’individuo, ma a lui correlati e che gli vengono imperativamente imposti.

Nel caso concreto del padre assente o di colui che, per qualche motivo, ha definitivamente abbandonato la donna durante il periodo di gestazione o per malattia, va studiato da più angolazioni, cioè dalle diverse prospettive della situazione umana e sociale scienze, tra le quali si cita: il fattore economico; il fattore educativo; il campo dell’etica e della morale; e il problema della vulnerabilità, dovuto alla forza imperativa di questi fattori.

Dal punto di vista del fattore economico, si può sostenere che la disoccupazione sia una delle cause che lo hanno portato a lasciare la moglie. Tuttavia, vi sono una serie di altre situazioni sociali intrecciate, come, ad esempio, la personalità dell’individuo di fronte a situazioni estreme (il fattore psicologico); un possibile processo di apprendimento carente (sia in famiglia che a scuola) che l’individuo ha attraversato, portandolo a comportarsi senza parametri etici e morali; coinvolgimento con il crimine; così come le varie variabili risultanti dalla disgregazione della famiglia.

In campo educativo, c’è una preoccupazione per l’educazione alla vita etica fin dall’infanzia. Lins (2009), sostiene che lo sviluppo della persona è notevolmente influenzato dall’educazione e, attraverso questa, il soggetto può raggiungere la maturità etica e l’identità morale. Tuttavia, è estremamente necessario che altre aree di conoscenza affrontino il problema alla ricerca di soluzioni.

La gravità dell’abbandono paterno non può restare invisibile, essendo classificata solo come “fatto sociale”. È una realtà durissima, sentirsi abbandonati da chi aveva dichiarato di “amare per sempre”. Queste persone rimangono con indignazione, sofferenza e un sentimento di disprezzo. A questa sordida realtà o sordidità del reale, Faus (1995), osserva che la postmodernità ha reso l’esperienza dura e innegabile, che la nostra realtà sociale è sordida e che l’illusione moderna ha solo fatto mascherare la sordidità con belle parole alte -suonare.

La verità è che questa è una realtà nota in ogni momento, ma nascosta dall’invisibilità sociale. Come da Miura; Tardivo e Barrientos (2018), molti uomini abbandonano la moglie di fronte a una situazione di malattia grave e prolungata da parte sua. Un dato che è anche una realtà osservata da Prado e Cunha (2019), con l’articolo in cui fa riferimento alla ricerca che indica che la donna ha sei volte più probabilità di essere abbandonata dal marito o dal partner dopo aver scoperto una malattia rispetto all’altra all’intorno, cioè quando l’uomo si ammala. Non è invece così conosciuta o testimoniata la realtà delle donne, adolescenti o adulte che siano, che vengono abbandonate dal proprio partner quando rimangono incinte. Queste sono realtà esistenti, anche se non sono così evidenti.

Secondo Cortella (2015), l’idea di non essere notati o evidenziati all’interno di una società raggiunge il concetto di invisibilità. Quindi, applicando questa idea alla presente riflessione, questa situazione indica un fenomeno noto come “invisibilità sociale”, cioè quando nelle varie istanze della società, persone o situazioni che, sebbene esistano, non si vedono o sono semplicemente ignorate.

Riflettendo su questa situazione dal punto di vista dei principi etici e morali, anche in modo generico, si possono percepire cambiamenti nella scala di valori degli individui nella società, a seconda dell’ambiente socioculturale in cui sono inseriti. Una sorta di capovolgimento delle cose e degli atteggiamenti umani. Come recita il testo di una canzone “Rolam as pedras” di Kiko Zambianchi (1985), “Tutto è così giusto che sembra sbagliato”. E poi: “Tutto così sbagliato, sembra giusto”:

Vejo sonhos livres, pais, irmãos e filhos […]

Tudo está tão certo que parece errado

É onde não consigo me achar

Luzes da verdade na realidade

Sempre estão mudando de lugar.

Rolam as pedras, devem rolar […]

Tudo tão errado que parece certo

Foi difícil me nivelar

Depois da infância e da liberdade

Que nem sempre quer me acompanhar (ZAMBIANCHI, 1985, s/p).

È innegabile che i valori variano, nelle loro gradazioni, da una cultura all’altra, ma alcuni valori etici, come il rispetto per la persona, per l’essere persona umana, rimangono a prescindere da queste variazioni, in quanto il soggetto deve agire eticamente ovunque nel mondo. Tuttavia, i continui cambiamenti nella scala dei valori, come indicato nel testo di questa canzone, aumentano i dilemmi della transitorietà delle fasi dell’individuo nel corso della vita. Quando si disattende la validità dei valori etici fondamentali, di fronte all’alternarsi delle situazioni nel dinamismo dei fatti sociali che la persona vive, si perde il sostegno del vivere sano nella società.

Su questo aspetto ci ricorda Bauman (1998), una situazione di “malessere della postmodernità” in cui, fin dagli albori della Modernità, si prometteva l’emancipazione dell’uomo, rispetto alle strutture tradizionali. Tuttavia, attualmente, sebbene siano evidenti numerosi progressi tecnologici, secondo l’autore, i tempi moderni non sono in grado di eliminare la dura realtà della sofferenza nelle attuali strutture della società.

Si pensi ad un disordine morale individuato da MacIntyre (2004), che mostra, nelle società attuali, situazioni che rivelano una grave crisi morale. Questo autore ritiene che le società moderne siano caratterizzate da ideologie, come: emotivismo e relativismo, che consistono nel non aderire a nessun parametro o paradigma etico o morale e nel vivere in una “libertà” poco compresa, cioè in una vita sfrenata. Tuttavia, essere liberi non significa fare tutto quello che vuoi. Questa sarebbe una forma di “dissolutezza”, poiché la libertà ben intesa consiste nell’agire eticamente, nel rispetto degli altri e di se stessi nel prendere decisioni e nell’avere una condotta virtuosa. Invece, vivere senza parametri etici equivale a vivere nel decadimento morale, che può portare l’umanità all’autodistruzione.

Approfondendo la riflessione, si considerano anche le possibilità di abbandono paterno per malattia; dalla gravidanza adolescenziale; e per qualche shock nel rapporto di coppia. Tali situazioni evidenziano la realtà che le cose non sempre vanno come previsto, mentre non tutti sono in grado di gestire gli imprevisti.

Si può anche trovare la realtà delle madri abbandonate quando danno alla luce figli con disabilità. Secondo Lourenço (2020 s/p), molti genitori non sopportano la perdita del “figlio ideale” e abbandonano la famiglia. L’articolo citato dall’autore presenta i dati della ricerca: “As dores das mães de filhos com deficiência“, con 240 partecipanti, in cui la psicologa Ana Celeste de Araújo Pitiá afferma che molte madri accumulano il dolore di perdere il “bambino ideale”, abbandono paterno e sovraccarico emotivo. La ricercatrice sostiene inoltre che sia uno scenario che si ripete, perché, nella maggior parte dei casi, sono le donne a dover affrontare la lotta affinché i figli ricevano un trattamento dignitoso, lasciando i propri progetti personali per dedicarsi ai propri figli, perché i genitori non sopportavano l’idea di avere un figlio diverso da quello che avevano idealizzato.

In un’indagine, Schiro e Koller (2013), mostrano che la gravidanza durante l’adolescenza, per molti aspetti, ha caratteristiche distinte nel modo di percezione per ciascuno dei sessi, soprattutto per quanto riguarda l’uso di contraccettivi, nella valutazione del sé gravidanza in relazione a scuola e lavoro. Questo fatto dimostra quanto la gravidanza abbia ripercussioni diverse sulla vita degli adolescenti. C’è una sorta di trasferimento di responsabilità. Per questo motivo, secondo gli autori, sarebbe interessante indagare la gravidanza adolescenziale ad altri livelli sociali, al fine di comprendere come diversi contesti socioeconomici possano interferire con le performance dei genitori adolescenti.

Le persone indifese di solito sono silenziose. Secondo lo studio di Miura; Tardivo e Barrientos (2018), “l’esperienza di impotenza, al momento della gravidanza, incide sullo stato emotivo della donna, rendendole difficile rendersi disponibile a prendersi cura di sé e del bambino”. Secondo questo studio, in Brasile, un numero significativo di adolescenti incinte partorisce ogni anno. La violenza e l’abbandono del partner sono stati osservati anche nelle esperienze delle adolescenti sottoposte allo studio, accentuando ulteriormente le situazioni di vulnerabilità delle giovani donne e dei loro bambini. Questa ricerca ha mostrato anche la ripetizione della violenza transgenerazionale, il che significa che gli adolescenti hanno subito violenza e/o abbandono da parte dei loro partner durante la gravidanza, proprio come avevano già subito le loro madri.

In un altro sondaggio pubblicato da Belli (2022), che ha coinvolto 1038 donne intervistate, il 4% ha indicato di aver sperimentato una sorta di interruzione del rapporto con il marito durante la gravidanza. In questa ricerca è emerso che non tutti i disaccordi sono direttamente attribuiti alla gravidanza stessa, ma sono in qualche modo correlati ad essa. C’è invece una percentuale del 32% relativa a cambiamenti comportamentali, dovuti alla donna incinta o al suo partner. In questo contesto, la mancanza di maturità dei genitori è citata dal 26% come un’altra ragione principale. Colpisce osservare che nell’11% dei casi il bambino stesso è la causa della commozione cerebrale e per il 9% dei genitori vi è il dubbio sulla paternità del bambino. La conclusione della ricerca dimostra che l’abbandono durante la gravidanza raggiunge proporzioni allarmanti. D’altra parte, si osserva anche che non è difficile trovare donne guerriere che combattono, educano e allevano da sole i propri figli, quelli conosciuti come “pães”.

Si può ritenere che questo relativismo etico, al giorno d’oggi, sia un’eredità di correnti filosofiche provenienti, soprattutto, dalla prima metà del XX secolo, quali: l’individualismo, il positivismo, lo scientismo, il collettivismo (ispirato all’idealismo hegeliano) (BURGOS, 2018 ). Tuttavia, le posizioni relativiste fanno pensare alla necessità di proporre un atteggiamento personalista, basato sull’etica come riscatto del valore della persona, nella sua dignità. Non come “cosa” semplicemente da utilizzare per uno scopo al di là della sua stessa natura (ad esempio: come oggetto di desiderio o profitto), ma come un essere unico che, quindi, deve essere rispettato e venerato per la sua dignità di persona umano.

4. CONSIDERAZIONI FINALI

È chiaro che questo articolo non esaurisce l’argomento. Al contrario, appare come un tentativo di portare alla luce la difficile realtà dell’abbandono paterno, dando vita a nuovi studi. Questo è il primo punto da considerare alla fine di questo testo. C’è bisogno di nuove ricerche e di studi più approfonditi intorno a questo tema specifico ea molti altri in cui si intrecciano.

Si osserva inoltre che questo fenomeno non si è verificato nei tempi moderni. Si può dire che la situazione è peggiorata dalla modernità e dalla postmodernità, ma risale a tempi antichi, come dimostra lo studio di Gesù (2022), che indica l’orfanotrofio, non solo in tutta la storia brasiliana del secolo XVI, ma dai personaggi della mitologia greca, dove si possono trovare testimonianze del fenomeno dell’assenza del padre.

Così, attraverso le ricerche, gli studi affrontati e l’esposizione di alcuni dati in tutto il testo, senza però esaurire l’ambito del tema, è stato possibile emettere queste considerazioni, mirando a suscitare l’interesse dei lettori nel senso di approfondire lo studio del problema dell’abbandono paterno. Pertanto, il tema rimane aperto, presentando possibilità per ulteriori studi.

RIFERIMENTI

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LINS, Maria Judith Sucupira da Costa. Maturidade Ética e Identidade Moral: a construção na prática pedagógica. Rev. Diálogo Educ., Curitiba, v. 9, n. 28, p. 633-649, set./dez., 2009. Disponível em: http://educa.fcc.org.br/pdf/de/v09n28/v09n28a16.pdf. Acesso em: 24 jan. 2023.

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[1] Studente di Master in Educazione, Universidade Federal do Rio de Janeiro – UFRJ. Specializzazione in Sociologia, di Claretiano – Centro Universitário, SP. Laurea in Teologia presso il Centro Universitário Salesiano de São Paulo. Laureato in Filosofia, presso l’Instituto Agostiniano de Filosofia(IAF) di Franca – SP. ORCID: 0000-0003-3691-1263.

Inviato: Dicembre 2022.

Approvato: Gennaio 2023.

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Agostinho Morosini

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